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venerdì 30 settembre 2011

Archeologia, straordinaria scoperta dei sub della Guardia Costiera

La foto è a carattere dimostrativo


PORTO TORRES. Importante scoperta archeologica nella acque dell'Asinara. Due giorni fa i subacquei del quarto nucleo della Guardia Costiera di stanza a Cagliari, impegnati in un controllo ambientale, si sono imbattuti in uno straordinario reperto di origine punica adagiato sul fondale a una ventina di metri di profondità. Il frammento è parte di un bacile in terracotta dalla forma umana: presenta due fori in corrispondenza degli occhi, un naso abbozzato ma ben visibile e una sporgenza trasversale nella parte superiore che, secondo gli esperti, potrebbe rappresentare un copricapo


Notizia completa: http://www.sassarinotizie.com/articolo-7197-archeologia_straordinaria_scoperta_dei_sub_della_guardia_costiera.aspx

mercoledì 28 settembre 2011

Gilgamesh e i Maya, un viaggio attraverso l'Oceano?




Quante cosa sono ancora nascoste tra le pagine di libri scritti e mai letti?
Quante cose devono ancora esser tradotte da lingue salvate per caso dalla morte?

Questa è una storia un po strana, che inizia ad Uruk, antichissima città del sud della Mesopotamia e, attraverso l'Oceano, termina in America, nella terra dei Quiché.

Leggendo leggendo, mi scontro con fatti strani e affascinanti e non posso fare a meno di trovare delle somiglianze... di intravvedere un filo trasparente come seta attraversare il mondo e la storia e i secoli e i millenni, solo per me, forse!
Ho già scritto di Gilgamesh come dei Quiché, ora per gioco ma non troppo voglio mettere assieme questi popoli e vediamo che cosa accade.
L'epopea di Gilgamesh racconta del suo viaggio alla ricerca dell'unico uomo che abbia avuto il dono dell'Immortalità, Utnapistim, sopravvissuto al Diluvio. Gilgamesh va dunque alla sua ricerca e dopo varie peripezie giunge dal barcaiolo di UtnapistimUrsanabi. Qui accade qualcosa di poco chiaro e così Gilgamesh distrugge delle "Cose di Pietra"...Gilgamesh chiede ad Ursanabi di essere condotto con lui al cospetto diUtnapistim ma Ursanabi, arrabbiato risponde:
"Gilgamesh, quelle cose che hai distrutto hanno la facoltà di trasportarmi sull'acqua, di impedire alle acque della morte di toccarmi. Per questo le conservavo; ma ora tu le hai distrutte e con esse i serpenti urnu..."

Cosa distrusse Gilgamesh?
Cosa sono le Cose di Pietra?
Cosa sono i serpenti urnu?

Comunque il viaggio prosegue, Gilgamesh viene condotto da Utnapistimil Lontano, che vive a Dilmun, nel luogo del transito del Sole, ad Est della montagna...

"Ora Utnapistim, da dove giaceva a suo agio, guardò lontano e disse in cuor suo, riflettendo tra sé: 'Perché mai il battello naviga fin qui senza sartiame o albero? Perché sono distrutte le sacre pietre, e perché non è il nocchiero a governare il battello?

Così pare che Utnapistim potesse vedere molto lontano... chissà...

Utnapistim aveva già compiuto in precedenza opere meritevoli di riguardo, infatti aveva costruito una grande nave e aveva salvato la stirpe degli esseri viventi sulla Terra dal Diluvio...
ora, riceve Gilgamesh e gli racconta i suoi segreti...

Ma adesso é ora di passare su un altro continente, alla ricerca delle tracce di viaggiatori del passato. Siamo ora nella terra dei Quichè... e si parla dei popoli che vennero dopo la creazione, di popoli che: "Riuscirono a conoscere tutto ed esaminarono i quattro angoli ed i quattro punti della volta del cielo e della faccia della Terra".
Poi accadde qualcosa e "il Cuore del Cielo gettò una nebbia sui loro occhi, i quali si appannarono come quando si soffia sulla lastra di uno specchio. I loro occhi si velarono e poterono vedere soltanto ciò che era vicino... Così vennero distrutte la loro sapienza e tutte le conoscenze dei quattro uomini, origine e principio della razza quiché."

Questo popolo perse le conoscenze che aveva acquisito...
Quale fu la causa?

Dal popolo che perse le conoscenze deriva un nuovo popolo... un popolo particolare... che viene dall'Oriente...

"Erano diversi i nomi di ciascuno quando essi si moltiplicarono là nell'Oriente, e molti erano i nomi della gente: TepeuOlomànCohah,QuenechAhauché così si chiamavano questi uomini là nell'Oriente, dove si moltiplicarono. Si conosce anche l'origine di quelli di Tamub e di quelli di Ilocab, che vennero insieme di là, dall'Oriente... Là stettero allora in gran numero gli uomini neri e gli uomini bianchi, uomini di molte specie, uomini di molte lingue, che era portentoso udire."

Più tardi i quichè intrapresero un viaggio, forse alla ricerca di qualcosa che li aiutasse a far tornare la luce del sole, giungono in una località chiamata Tulàn e li gli apparvero i loro dei... TohilAvilix e Hacavitz... efu allora che le lingue di tutti i popoli divennero diverse e non si capivano più... (come nel racconto di Babilonia e la torre di Babele,Babel voleva dire Caos..) ed i loro indumenti erano solo pelli di animali ma erano uomini prodigiosi... anche Gilgamesh vestiva solo pelli di animali... quando arrivò da Utnapistim!

Veramente il racconto è molto confuso, per cui a volte si parla di dei, altre volte con gli stessi nomi ci si riferisce a monti...
Ma da dove giunsero questi dei o uomini prodigiosi?

Dal mare ma... "Non é ben chiaro, tuttavia, come avvenne il loro passaggio sul mare; come se non esistesse il mare, passarono su pietre, su pietre messe in fila sull'arena. Per questo motivo vennero chiamate Pietre in fila, Arene divelte, nomi che essi diedero loro quando attraversarono il mare, essendosi divise le acque quando essi passarono."

Quante strane coincidenze... uomini che vengono dall'Oriente, Diluvio, lingue che si mischiano e popoli bianchi e neri... mare che si apre, pietre in fila...
e se leggiamo ancora Gilgamesh, vi sembrerà sempre più possibile che lui abbia raggiunto quelle terre... e sia poi andato via...
E chissà che il Re Gucumatz (il re che diede inizio all'espansione del degno dei quichè) non sia altri che lo stesso Gilgamesh...

Forse, dopo queste righe, direte...
Tutte fantasie...
Eppure la storia... quella ufficiale, ci parla di un dio o di un uomo,Quetzalcoatl, dio degli aztechi, il cui nome significa serpente piumato...
Dio o uomo giunto dal mare e che andò via perché fu scacciato ma un giorno sarebbe tornato dal mare, a bordo di navi...

Ha, a proposito, non è che i serpenti urnu di Gilgamesh sono i serpenti piumati?


Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO


sabato 24 settembre 2011

Complesso archeologico di San Sebastiano, Gesico



Gesico è un paese della Trexenta situato in un’area compresa tra i territori di Mandas e Villanovafranca.
Nel suo territorio sono presenti numerosi nuraghi, tra i quali ricordiamo soprattutto il nuraghe di "sitziddiri" e i complessi nuragici di San Sebastiano e Accasa.
Il complesso nuragico di San Sebastiano si trova a ridosso dei margini settentrionali del centro abitato di Gesico, il nome è dovuto alla presenza di una piccola chiesa campestre, consacrata a San Sebastiano nella prima metà del XVII sec.
L’edificio sacro, che fu eretto sfruttando le strutture nuragiche sottostanti, ha restituito undici sepolture.
Attualmente permangono i ruderi della chiesa e il complesso nuragico che si compone  di nove torri, tre pertinenti alla struttura centrale e sei collegate da cortine facenti parte della cinta antemuraria successiva.
Dal 2003 al 2006 l’area è stata oggetto di due campagne di scavo dirette dalla Soprintendenza per le Province di Cagliari e Oristano.
Le foto che abbiamo scattato nel 2009 evidenziano lo stato di abbandono dell’area, ci auguriamo che presto i lavori riprendano al fine di dar luce all’antico splendore di quest’area.




























Fabrizio e Giovanna

mercoledì 21 settembre 2011

Platone - Πλάτων - (Atene 428-347 a.C.)




Filosofo greco, viaggiò molto e si recò, tra l'altro, in Egitto.
Nel corso della sua vita conobbe Euclide.
Autore di numerosi "Dialoghi" tra cui la Repubblica, Timeo, Crizia, Fedro, Leggi...
Discepolo di Socrate, conobbe Aristotele.
Nel Timeo parla di Atlantide, attribuendo a Solone un racconto sulla mitica civiltà scomparsa...
Racconto proveniente dall'Egitto... da un sacerdote del tempio di Neith (Atena) della città di Sais:
".. fu una volta, o Solone, prima della grande distruzione per mezzo delle acque (il diluvio universale?), quella che ora è la città degli ateniesiuna città prestantissima, e per la guerra e per tutte le altre cose ben ordinata più che alcun altra, per opera della quale si dice abbiano avuto luogo le più belle imprese e i più belli ordinamenti di quanti mai sotto il cielo ci sia stata trasmessa notizia.
Or come udì queste cose Solone, disse di essersene meravigliato, e di averci messo ogni buon volere, pregando i sacerdoti che gli raccontassero ordinatamente per filo e per segno tutto ciò che sapevano dei suoi antichi concittadini.
E il sacerdote gli rispose: Non c'è ragione di rifiutartelo, o Solone,; e per amor tuo e della città tua parlerò, e sopra tutto anche per rispetto della Dea che possedette, nutrì e allevò la citta vostra e la nostra, anzi la vostra mille anni prima, ricevendo il seme di voi dalla Terra e da Efesto, e la nostra posteriormente. E di questa fondazione nostra nelle sacre scritture è scritto il numero di ottomila anni. Pertanto dei tuoi concittadini, che sono stati novemila anni fa, ti esporrò brevemente e le leggi e delle opere loro quella che fu la più bella; [..] Molte grandi opere pertanto della città vostra quì trascritte si ammirano, ma a tutte una va di sopra per grandezza e per valore; perocchè dice lo scritto di una immensa potenzacui la vostra città pose termine, la quale violentemente avea invaso insieme l'Europa tutta e l'Asia, venendo di fuori dal mare Atlantico. Infatti allora per quel mare là si poteva passare, perchè innanzi a quella foce stretta che si chiama, come dite voi, colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa chi procedeva trovava allora un valico alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente dall'altra parte intorno a quel mare là [..] Ora in questa isola Atlantide era sorto un grande e mirabile impero, il quale la dominava tutta quanta con molte altre isole e alcune parti pure del continente. Ed oltre di ciò anche delle regioni da questa parte del mare interno signoreggiavano sulla Libia fin verso l'Egitto e sull'Europa fino all'Etruria. Or tutta questa forza raccolta in uno tentò una volta con un impeto solo di soggiogare e i luoghi vostri ed i nostri e quanti altri sono di qua dello stretto. E fu allora, o Solone, che la potenza della città vostra diventò illustre presso tutti gli uomini e per valore e per vigoria. Perocchè avendo la preminenza su tutti per forza d'animo e per ogni arte di guerra, parte da sola per necessità, quando gli altri la abbandonarono, dopo esser giunta agli estremi pericoli, riuscì a trionfare degli invasori e ad innalzarne trofei; e coloro che non erano ancora stati soggiogati impedì che si soggiogassero, e gli altri, quanti abitiamo di quà dai confini di Ercole, tutti generosamente liberò.
In tempi posteriori per altro, essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere del giorno e d'una brutta notte, quando v'era presso di voi atto a combattere, tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. Per questo anche adesso quel mare là è diventato impraticabile e inesplorabile, essendo d'impedimento il fango dei bassi fondi che l'isola sommersa produsse."
Vi invito a leggere voi stessi il Timeo...
troverete anche tante altre cose d'interesse...

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO

martedì 20 settembre 2011

ANGHELU RUJU - TOMBA C e TOMBA I (articolo più video)




Oggi terminiamo il nostro breve discorso sulla necropoli di Anghelu Ruju iniziato nei due post precedenti  ANGHELU RUJU - TOMBA A  e ANGHELU RUJU - TOMBA III e TOMBA XX BIS. 
Le due tombe furono scoperte dal Levi la prima e dal Taramelli la seconda in periodi differenti, esse hanno inoltre una diversa tipologia: a pozzetto la tomba C e a corridoio  appena accennato la tomba I.

TOMBA C (scoperta da Doro Levi )
La tomba è un caratteristico esempio di "domus a pozzetto", si compone di quattro celle disposte irregolarmente. I gradini e i due letti funebri scolpiti nei primi due vani riproducono le capanne dei vivi. È particolarmente interessante anche la coppella scavata sulla sinistra del pozzetto.

TOMBA I (scoperta dal Taramelli)
Superato il breve accenno di dromos si entra nell’anticella ellissoidale, dopo si arriva al vano maggiore quadrangolare dove si aprono tre cellette secondarie disposte a raggiera. 

Fabrizio e Giovanna


Notizie tratte da:
Giovanni Maria Demartis, La necropoli di Anghelu Ruju

Archeologia: e' morto Jean Leclant, egittologo di fama mondiale

Parigi, 19 set. - (Adnkronos) - L'archeologo francese Jean Leclant, egittologo di primo piano a livello internazionale e autore di importanti scoperte sulla civilta' dei faraoni a Saqqara, e' morto nella sua casa di Parigi all'eta' di 91 anni. La messa funebre sara' celebrata nella chiesa di Saint-Germain-des-Pres venerdi' 23 settembre alle ore 14.30, seguita dall'inumazione della salma nel cimitero di Montparnasse. Fin dai primi anni Cinquanta, Leclant ha effettuato scavi e scoperte fondamentali a Saqqara e in altri siti egiziani a sud del Cairo, nonche' in Sudan e in Etiopia, documentati in approfondite ed esaurienti relazioni. In oltre 50 di scavi e studi, ha esteso le sue indagini a tutta la civilta' dell'Egitto antico, dalle origini alla decadenza.


Notizia completa:  http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cultura/Archeologia-e-morto-Jean-Leclant-egittologo-di-fama-mondiale_312464728081.html

lunedì 19 settembre 2011

[Il mistero della porta accanto] Le piramidi di Visoko


LE PIRAMIDI DI VISOKO
“Professor Jones, vorrei portare alla sua attenzione anche un’altra particolarità del territorio, – disse il direttore del Museo, schiacciando il mozzicone della sigaretta sotto lo scarpone, – ancora poco e gliela mostro.”
Il professor Jones, Indiana per gli amici, sorrise, calcando sul capo l’inseparabile cappello, pronto ad accogliere le rimostranze degli altri due compagni che, da parecchie ore, camminavano con lui su quei sentieri montani. La fortuna li aveva accompagnati: le “Sfere di Pietra” erano più numerose di quanto avesse immaginato e i loro piedi non erano inciampati in alcuna mina antiuomo.
Uscirono dal bosco di abeti in una larga vallata, circondata da piccole alture.
“Professore, osservi quella collina, non le sembra abbia un profilo particolare? – disse il direttore con lo sguardo di chi la sa lunga – non le pare che abbia la forma di una piramide?”
Il professor Jones alzò gli occhi sulla Visocica Hill e capì di essere di fronte a una scoperta sensazionale…
Non è il trailer di un ipotetico “Indiana Jones e la piramide sepolta”, ma una scena, a grandi linee, realmente accaduta.
È il 2005 e Semir Osmanagic, un ricco quarantacinquenne bosniaco, emigrato negli Stati Uniti e appassionato di archeologia e misteri, torna in patria sulle tracce delle Sfere di Pietra, strutture litiche simili a quelle rinvenute in Costa Rica.

sabato 17 settembre 2011

ARCHEOLOGIA: MARINAI DELL'ERA GLACIALE NELLA GRECIA PREISTORICA




Una nuova tecnica di datazione dell’ossidiana, suggerisce che già prima della fine dell’ultima glaciazione dei naviganti possano aver viaggiato nel mar Egeo in cerca del prezioso vetro vulcanico, unica materia prima adatta alla fabbricazione di strumenti taglienti e utensili adatti al lavoro prima dell’età del bronzo.

Nicolaos Lascaris, dell'Università dell'Egeo ha spiegato che nel territorio della Grecia l’ossidiana è  presente solo nelle isole  di Melos, Antiparos e Yali ed è convinto che in quelle zone si svolgessero delle attività estrattive circa 15000 anni fa.

Secondo il parere del ricercatore greco, “l’oro nero” dell’antichità si sarebbe poi diffuso dalle aree di estrazione a tutto il mar Egeo e nel continente attraverso i contatti commerciali.
Per poter ottenere degli strumenti taglienti prima dell’età del bronzo era necessario reperire l’ossidiana in luoghi come l’isola di Melos che erano raggiungibili solo attraverso l’uso di un’imbarcazione.
Nicolaos Lascaris, dice che le  prove che degli antichi marinai navigassero attraverso le isole egee proviene dal ritrovamento di manufatti di ossidiana nella grotta Franchthi nella penisola del Peloponneso, molto lontana da Melos.

Diverse analisi biochimiche hanno dimostrato che i reperti in esame provengono da Melos, la loro datazione è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi.

Laskaris, che di recente ha pubblicato con i suoi colleghi un articolo sulla scoperta nel Journal Archaeological Science, afferma che si trattava di marinai, i quali sicuramente dall’isola egea riuscirono a raggiungere l’Asia Minore e la Grecia continentale passando attraverso le isolette;  la certezza  di precedenti contatti con le zone costiere  è fornita dalla presenza di ossidiana nella grotta di Franchthi datata all’8500 a.C.

Il metodo utilizzato dagli studiosi si basa sulla datazione dell’ossidiana attraverso il suo stato di idratazione (OHD) combinato con una recente tecnica, meglio conosciuta come spettrometria di massa di ioni secondari di saturazione della superficie (SIMS-SS) che determina la quantità di acqua penetrata nelle superfici di ossidiana esposte all’aria dai nostri antenati per costruire utensili e armi.
Ellery Frahm, ricercatore  della University of Minnesota e presidente eletto dell'Associazione Internazionale per gli Studi Obsidian, spiega che una superficie di ossidiana appena scheggiata contiene microscopiche crepe nelle quali l’acqua si deposita nel corso dei secoli; quella stessa acqua, scendendo sempre più in profondità, lascia ovviamente delle tracce, ma, secondo lo studioso, il metodo OHD da solo non basta per fornire una datazione attendibile.

Le motivazioni più importanti di tali limiti sono essenzialmente due, il primo riguarda la difficoltà di esaminare al microscopio una superficie irregolare come quella dell’ossidiana scheggiata per vedere quanto in profondità sia entrata l’acqua, mentre la seconda si riferisce alla difficoltà di trovare il vero fronte di diffusione dell’acqua all’interno della roccia a causa del fenomeno ottico della rifrazione.
Unendo le due nuove tecniche (OHD e SIMS-SS) secondo gli scienziati è invece possibile determinare l’esatta quantità di acqua penetrata nella roccia e la sua profondità. 

Il processo viene così illustrato da Frahm: "SIMS può misurare direttamente l'acqua all’interno dell’ ossidiana oltre una certa profondità mentre un fascio di particelle rimuove gli ioni dall’ ossidiana in strati estremamente sottili, e misura individualmente la composizione degli strati, come se fossero buccia di cipolla". In questo modo il cambiamento nel contenuto di acqua può essere tracciato in profondità rivelando esattamente il suo cambiamento nel corso dei secoli.

Utilizzando il nuovo metodo SIM-SS, l’equipe di Laskaris è riuscita a dimostrare che l’ ossidiana di Melos si trovasse sulla terraferma grazie ai traffici di  antichi marinai molto prima della datazione ufficiale anche se rimane ancora il mistero sul tipo di imbarcazioni utilizzate.



Fabrizio e Giovanna

Notizia originale:

giovedì 15 settembre 2011

IL NURAGHE E IL VILLAGGIO S’OM’ E S’ORCU - DOLIANOVA



Il nuraghe e il villaggio si trovano su un massiccio roccioso raggiungibile dalla strada provinciale 14 Dolianova - San Nicolò Gerrei in una zona suggestiva dal punto di vista naturalistico e ricca di acque e sorgenti.

Il monumento è forse quello meglio conservato nel territorio di Dolianova, con un corpo principale monotorre con ingresso a sud.
La torre principale conserva un’altezza massima di circa 4 m nel versante sud.

L’ingresso, sormontato da un architrave dotato di finestrella, è orientato verso sud ed immette ad una camera oggi completamente ingombra di crollo.

Nel versante est si accede, attraverso un varco al centro di un muretto semicircolare più recente, ad un piccolo villaggio.
Nel lato settentrionale rispetto al nuraghe sono invece presenti una piattaforma circolare e due recinti.







Fabrizio e Giovanna

lunedì 12 settembre 2011

ANGHELU RUJU - TOMBA III e TOMBA XX BIS (articolo più video)

Portello con cornice e architrave presente nella Tomba XX BIS
Come abbiamo anticipato nel precedente post, ANGHELU RUJU - TOMBA A (articolo più video), proseguiamo il nostro breve reportage sulla necropoli di Anghelu Ruju parlando delle due grandi tombe scoperte e scavate dal Taramelli agli inizi del 1900.


TOMBA III 
Fu esplorata dal Taramelli nel 1904.

Ha proporzioni monumentali, il dromos di accesso con i suoi 10,60 m è il più lungo della necropoli.
Mentre si attraversa il lungo corridoio che porta al padiglione, è possibile accedere sulla destra  a due cellette e ad una nicchia. 
Attraverso il padiglione ci si immette nella grande cella quadrangolare disposta a T, sulle cui pareti sono presenti dei portelli relativi a sei celle secondarie disposte a raggiera.


TOMBA XX BIS
Fu scavata dal Taramelli nel 1907 e nel 1994 fu sottoposta ad un'opera di restauro con l'integrazione delle pareti della cella maggiore e la risistemazione delle colonne e del piano del corridoio.
Si accede, tramite una monumentale gradinata, ad un ampio e alto padiglione, che a sua volta immette, attraverso un portello, nella grande cella principale a pianta trapezoidale disposta a T.
Il soffitto della cella era originariamente sorretto da due pilastri, uno dei quali ha delle protomi taurine scolpite.
Intorno alla grande cella si aprono quattro celle secondarie, i bellissimi portelli sono circondati di cornici e sovrastati da architravi. 







Fabrizio e Giovanna


Notizie tratte da:
Giovanni Maria Demartis, La necropoli di Anghelu Ruju





domenica 11 settembre 2011

Archeologia: a Cuma portato alla luce il tempietto del I secolo A.C.

Un tempietto risalente al primo secolo a.C. è stato portato alla luce dai volontari del Gruppo Archeologico dei Campi Flegrei a Cuma, nei pressi della ben nota area archeologica. I lavori di ripristino si sono svolti in sintonia con i responsabili dell'Ufficio di sovrintendenza archeologica flegreo. Il tempietto, dedicato alla dea egizia Iside, struttura di epoca romana, risultava nascosto da una fitta vegetazione di canneti ed erbacce e solo il minuzioso ed attento lavoro dei volontari ha consentito di individuarlo e ripulirlo per renderlo fruibile al pubblico......

Articolo completo:

sabato 10 settembre 2011

Il Diluvio Universale e l'Arca di Noè



Quando si parla di “arca” viene spontaneo pensare all’arca di Noè, ma esistono altre tradizioni, forse anche più antiche dei racconti della Genesi biblica, che annoverano l’arca tra le cose strane…
Ma andiamo con ordine.
Con il termine arca si intende comunemente una grande imbarcazione utilizzata per salvare le specie viventi dall’estinzione dovuta al diluvio inviato da Dio. Autore del salvataggio, il mitico Noè. Dio, resosi conto della malvagità dell’Uomo, decide di sterminare la specie umana e con essa tutti gli esseri viventi. Qui entra in gioco Noè che, considerato uomo giusto, viene invitato a salvarsi unitamente alla propria famiglia e agli esseri viventi, costruendo un’arca. Vediamo cosa ci dice la Bibbia:
[Genesi, 6,14]
“Fatti un’arca di legno di Cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di altezza. Farai nell’arca un tetto e a un cubito più sopra la terminerai; da un lato metterai la porta dell’arca. La farai a piani: inferiore, medio e superiore.”
Il resto, al momento, non ci interessa.
Ciò che sappiamo sull’arca di Noè, si può riassumere in poche informazioni: é costruita in legno di Cipresso, è compartimentata, è impermeabilizzata per mezzo del bitume, ha un tetto e una porta. In merito alle dimensioni, in linea di massima possiamo considerare un cubito circa cinquanta centimetri, per cui siamo di fronte ad una nave di 150x25x15 metri! Un vero mostro per quei tempi!
In apertura ho parlato di altre tradizioni che ci riportano di un’arca, vediamone una, il racconto del diluvio della saga di Gilgamesh. Il testo ci dice che in quei giorni il mondo pullulava di persone e il loro rumore era tale che il grande Dio, venne destato e unitamente agli altri dei fu deciso di distruggere l’umanità. Ma Ea, altra dea, volle salvare l’umanità così avvisò Utnapistim, il Noè di Suruppak, città sulle rive dell’Eufrate. Ma sentiamo cosa dice Ea:
“Uomo di Suruppak, figlio di Ubara-Tutu, abbatti la tua casa e costruisci una nave, [..] Ecco le misure del battello, così come lo costruirai: che la sua larghezza sia pari alla sua lunghezza, che il suo ponte abbia un tetto come la volta che copre l’abisso; [..] Alla prima luce dell’alba la mia famiglia si riunì intorno a me, i bambini portarono pece e gli uomini tutto il necessario. Il quinto giorno misi in posa la chiglia e le coste, poi fissai il fasciame. Di un acro era la sua area di terreno, ogni lato del ponte misurava cento e venti cubiti e costituiva un quadrato. Sotto coperta costruii sei ponti, sette in tutto; li divisi in nove sezioni con paratie fra di loro. Dove era necessario infissi dei cunei, provvidi alle pertiche di spinta e caricai provviste. I portatori recarono olio in canestri, versai pece nella fornace e asfalto e olio; altro olio venne consumato per calafatare, altro ancora lo mise tra le sue provviste il nocchiero.[..] Al settimo giorno la nave era pronta. Venne poi il varo pieno di difficoltà, lo spostamento della zavorra di sopra e di sotto finché due terzi rimasero sommersi. [..] Guardai fuori e il tempo era terribile, così anche io salii a bordo della nave e chiusi i boccaporti. Era tutto finito, la chiusura e la calafatura, diedi dunque il timone al timoniere Puzur-Amurri, assieme alla navigazione e alla cura di tutta la nave.”
L’arca di Utnapistim, come possiamo vedere, è leggermente diversa da quella di Noè, forma quadrata, sette ponti in tutto divisi in nove sezioni tramite paratie. E così via. Interessante e particolare la parte relativa alle “pertiche di spinta”, i remi forse? Ancora più interessante la parte dei “portatori” che recarono l’olio in canestri, versato insieme a pece e asfalto “nella fornace”, per far che? Non per calafatare, quello lo dice subito dopo, e poi a cosa serve altro altro olio tra le provviste del nocchiero?
Al di là delle domande che io mi pongo e che sicuramente troverebbero una spiegazione logica se avessimo più elementi, resta il fatto che due testi antichissimi di due popoli diversi riportano il medesimo racconto…


Ma vediamo che ci dice un altro grande del passato... Ovidio!

Nel precedente articolo sulle Metamorfosi ho concluso parlando dell'età del ferro, l'era delle guerre.
Giove, stancatosi di vedere e sentire gli uomini riunì il concilio degli dei per decidere sulla punizione da dare alla razza umana e dopo aver valutato attentamente decide di usare l'acqua per distruggere questa razza malvagia. I fulmini, sua arma preferita, avrebbero potuto dar fuoco al "sacro etere" e causare distruzioni incontrollabili. Si sarebbe potuto infiammare e bruciare il lungo asse terrestre, ci riporta Ovidio! E dunque é meglio distruggere "la stirpe dei mortali con un'inondazionee mandare un diluvio da ogni parte del cielo".
E così l'acqua sommerse il mondo, trascinando via tutto "e le torri strette dall'acqua restano invisibili sotto i gorghi; ormai non c'era nessuna separazione tra mare e terra: tutto era mare ma al mare mancavano i lidi...
Solo in due si salveranno, Deucalione e la moglie, Pirra. Su una fragile barca sopravvissero ed approdarono sul monte Parnaso e, resisi conto di essere soli al mondo si rivolgono agli dei perché li consiglino su come ripopolare la terra con la stirpe degli uomini. Temi, interpellata dai due sopravvissuti risponde: "Allontanatevi dal tempio e copritevi il capo, sciogliete le vesti e buttate dietro le spalle le ossa della gran madre..."
Deucalione, figlio di Prometeo, interpreta come "pietre", le ossa della gran madre "Terra" e così, ubbidendo alla dea, inizia il lancio delle pietre... e "le pietre lanciate dalle mani di Deucalione assunsero l'aspetto di maschi, mentre le femmine ripresero vita con il lancio effettuato dalla donna"...


Censorino ci da una serie di informazioni sulle età passate... prendendo come guida uno storico enciclopedico latino, Marco Terenzio Varrone (Rieti 116-27 a.C.) autore, tra l'altro dei "Logistorici" e delle "Antichità", opere di storia memorabili e di cui resta poco o niente! Censorino però ci permette di conoscere alcune informazioni tratte da Varrone.
Devo però mettere i lettori sull'avviso, Censorino l'ho letto in francese e, quando poco chiaro, ho consultato la versione in latino. Data la mia conoscenza del Francese e del Latino, potrebbero esservi degli errori! Se volete, potete leggere voi stessi i testi suhttp://penelope.uchicago.edu/Thayer/E/home.html.
Detto ciò, vediamo cosa ci dice il nostro Censorino...
"Io vado ora a parlare di quel periodo di tempo che Varrone chiama "storico". Questo autore, in effetti, divise il tempo in tre periodi: il primo periodo che va dall'origine degli uomini al primo diluvio Varrone lo chiama "incerto", a causa delle tenebre che lo ricoprono. Il secondo periodo va dal primo diluvio fino alla prima olimpiade e siccome si raccontano tante storie fantastiche, Varrone lo chiama "mitico"; il terzo periodo va dalla prima olimpiade a oggi e Varrone lo chiama "storico" perché i fatti principali accaduti ci sono riportati da storici veri."
Ecco dunque che uno storico, nella sua suddivisione delle ere, utilizza come confine un Diluvio... ma quale? E quando si sarebbe verificato?
"Sul primo periodo, se abbia avuto o meno un inizio, non si potrà mai dire di quanti anni fu. Non sappiamo con precisione di quanti anni sia stato il secondo periodo ma si pensa a circa 1.600 anni. Dal primo diluvio, in effetti, chiamato diluvio d 'Ogigia, fino al regno di Inaco, si contano circa 400 anni, da li all'eccidio di Troia se ne contano circa 800, poco più di 400 poi da li alla prima olimpiade. E siccome questi ultimi, nonostante appartengano alla fine dell'epoca mitologica, si avvicinano più degli altri all'epoca degli scrivani, qualcuno ha cercato di meglio precisare il numero degli anni. Così Sosibius ha fissato il numero degli anni a 395; Eratostene a 407, Timeo a 417, Aretes a 514. Altre cifre ancora sono state indicate da altri autori ma il loro stesso disaccordo è testimone dell'incertezza del numero degli anni trascorsi."
Dunque sappiamo che si parla del Diluvio di Ogigia... e che si verificò circa 1600 anni prima della prima olimpiade... secondo il nostro calendario la prima olimpiade fu celebrata verso il 776 a.C. , il diluvio di Ogigia si sarebbe dunque verificato nel 2376 a.C., anno più, anno meno!
E sempre secondo la cronologia indicata, nell'anno 1176 a.C. circa si ebbe la fine di Troia. Nel 1976 a.C. si ebbe invece il regno di Inaco, chiunque esso sia!
Diluvio di Ogigia... occorre tornare indietro al periodo delle scuole per cercare nella memoria e poi nel libro, l'Odissea, qualche notizia su Ogigia... sappiamo infatti che al tempo della guerra di Troia, quindi intorno al 1176 a.C secondo la cronologia di Censorino/Varrone, Ogigia esisteva ma era pressoché disabitata, e questo ce lo conferma Omero quando ci dice che...
[Odissea, Libro I, 80-87]
"O nostro padre Cronide, sovrano tra i potenti, se questo é caro ai numi beati, che alla sua casa torni l'accorto Odisseo, allora, Ermete messaggero, argheifonte mandiamo all'isola Ogigia, che subito alla dea trecce belle dica decreto immutabile, il ritorno del forte Odisseo, perché possa tornare."
E' chiaro che Odisseo si trovava ad Ogigia... ma di quale terra si tratta? Per scoprirlo, o almeno per avere delle informazioni utili, occorre spostarci più avanti...
[Odissea, Libro V, 13-17]
"Là nell'isola giace, dure pene soffrendo, nella dimora della ninfa Calipso, che a forza lo tiene. E non può ritornare alla terra paterna, perché non ha navi armate di remi, non ha compagni che lo trasportino sul dorso ampio del mare."
E' Atena che parla agli dei, ricordando loro le pene di Odisseo. E' Atena che parla di isola, dimora della ninfa Calipso, ed è là che è diretto dunque Ermete messaggero... Ed è dunque nell'isola Ogigia che ci spostiamo ora, sempre nell'Odissea... é Zeus ora che parla...
[Odissea, Libro V, 29-35]
"Ermete, tu sempre sei il messaggero; alla ninfa bei riccioli porta decreto immutabile, il ritorno del costante Odisseo; che ritorni senza accompagno né di numi né d'uomini, ma sopra una zattera di molti legami, soffrendo dolori, arrivi al ventesimo giorno alla Scherìa fertili zolle, dei Feaci alla terra, che sono parenti agli dei."
Dunque il viaggio di Odisseo dovrà riprendere dietro ordine di Zeus e Odisseo partirà da Ogigia, l'isola, come abbiamo detto poco sopra, e a bordo di una zattera si dirigerà verso Scherìa... fertili zolle, terra dei Feaci parenti degli dei, terra che raggiungerà dopo venti giorni di navigazione... Ma oggi a noi interessa qualcosa di più su Ogigia, non Scherìa... che vedremo in altra occasione! Vediamo se troviamo qualcosa che possa aiutarci a capire quale sia la famosa e introvabile isola di Ogigia... E allora seguiamo Ermete, il messaggero degli dei, nel suo viaggio verso l'isola, attraverso il mare, fino alla grande spelonca in cui la ninfa abitava...
[Odissea, Libro V, 59-74]
"Gran fuoco nel focolare bruciava e lontano un odore di cedro e di fissile tuia odorava per l'isola, ardenti [..] Un bosco intorno alla grotta cresceva, lussureggiante: ontano, pioppo e cipresso odoroso. Qui uccelli dall'ampie ali facevano il nido, ghiandaie, sparvieri, cornacchie che gracchiano a lingua distesa, le cornacchie marine, cui piace la vita del mare. Si distendeva intorno alla grotta profonda una vite domestica, florida, feconda di grappoli. Quattro polle sgorgavano in fila, di limpida acqua, una vicina all'altra, ma in parti opposte volgendosi. Intorno molli prati di viola e di sedano erano in fiore..."
E così sappiamo che l'isola Ogigia aveva una grande grotta, vi cresceva la vite domestica, era ricca di uccelli e il clima era tale da permettere la crescita delle viole e del sedano. E niente altro? vediamo se Ermete ci aiuta...
[Odissea, Libro V, 99-101]
"Zeus m'ha costretto a venir quaggiù, contro voglia; e chi volentieri traverserebbe tant'acqua marina, infinita? non è neppure vicina qualche città di mortali..."
Dunque Ogigia è un'isola priva di città di mortali, posta in mezzo al mare infinito, ma qualcuno comunque vi abitava o vi aveva abitato in passato...
Ermete va via... ora chi potremo seguire alla ricerca di informazioni? Seguiamo Calipso, mentre guida Odisseo nella preparazione della zattera per il ritorno...
[Odissea, Libro V, 234-240]
"Per Odisseo magnanimo, poi, preparò la partenza. Gli diede una gran scure, ben maneggevole, di bronzo, a due tagli: e un manico c'era molto bello, d'ulivo, solidamente incastrato. Gli diede anche un'ascia lucida e gli insegnava la via verso l'estremo dell'isola, dov'erano gli alberi alti, ontano e pioppo e pino, che al cielo si leva, secchi da tempo, ben stagionati, da galleggiare benissimo."
Ecco altre preziose informazioni, c'era il bronzo, che veniva usato per fabbricare asce, c'era l'ulivo, e tra gli alberi vi era anche il pino, oltre al pioppo e all'ontano... Poi Calipso, terminata la zattera e munitala di vele, da ad Odisseo le informazioni per il viaggio di ritorno...
[Odissea, Libro V, 270-290]
Così col timone drizzava il cammino sapientemente, seduto: mai sonno sugli occhi cadeva, fissi alle Pleiadi, fissi a Boòte che tardi tramonta, e all'Orsa, che chiamano pure col nome di Carro, e sempre si gira e Orione guarda paurosa, e sola non ha parte ai lavacri d'Oceano; quella infatti gli aveva ordinato Calipso, la dea luminosa, di tenere a sinistra nel traversare il mare. Per diciassette giorni navigò traversando l'abisso, al diciottesimo apparvero i monti ombrosi della terra feacia: era già vicinissima, sembrava come uno scudo, là nel mare nebbioso."
Ecco le ultime informazioni... per andar alla terra dei feaci, Odisseo avrebbe dovuto navigare per circa 17 giorni tenendo gli occhi fissi alle Pleiadi e tenere Orione sulla sinistra durante la traversata... Dove si trova la terra dei feaci? Dove si trova Ogigia? Le domande aumentano... o Omero ha inventato tutto?
Ma ora finalmente Odisseo approda tra i Feaci e noi riprendiamo la strada indicataci dalla nostra guida, Censorino... con nella mente, però, un po più di notizie su Ogigia, quella del Diluvio...
"In merito al terzo periodo, tra gli autori esiste una divergenza di 6 o 7 anni sulla sua estensione, ma questa incertezza è stata pienamente dissipata da Varrone, che, dotato della più rara sagacia, pervenne, risalendo i tempi di alcune città, basandosi sulle eclissi e calcolandone gli intervalli, a far riemergere la verità e ad illuminare questo punto con tale luce che oggi è possibile precisare non solo il numero di anni ma addirittura il numero dei giorni di quest'epoca! Se non erro, seguendo questi calcoli, l'anno in cui ci troviamo e del quale il consolato di Ulpius e Ponziano é indice e titolo, a partire dalla prima olimpiade fino ai giorni estivi in cui si celebrano i giochi olimpici sono passati 1014 anni. se invece si inizia a contare dalla fondazione di Roma, ci troviamo nell'anno 991 a partire dalla festa "des Parilies", festa usata per il conteggio degli anni della città. Se invece si inizia a contare secondo l'anno Giuliano, ci troviamo nell'anno 283, a partire dalle calende di gennaio, periodo in cui Giulio Cesare ha voluto che cominciasse l'anno da lui stabilito. Se invece si conta a partire dall'anno detto degli Imperatori, siamo nell'anno 265, a partire sempre dalle calende di gennaio, nonostante solo il 16 delle calende di febbraio sotto la proposta di L. Munatus Plancus, il senato e il resto dei cittadini diedero il nome di "Imperatore Augusto" a Cesare Ottaviano, figlio del divino Cesare, allora console per la settima volta assieme a Vipsanius Agrippa che lo era per la terza volta. In merito agli egizi, siccome essi si trovavano, a quell'epoca, già da due anni sotto il dominio del popolo romano, il presente anno è per loro il 267 degli Imperatori."
Dunque, così apprendiamo che l'opera fu scritta nell'anno 238 d.C.... e che siamo in grado di fare questi conto lo dobbiamo, ancora una volta, a Varrone!
"Anche la storia d'Egitto, come la nostra, ha dato luogo a differenti ere: così distinguiamo l'era di Nabonassar, così chiamata dal nome del principe Nabonassar e che ad oggi ha raggiunto la cifra di 986 anni dalla data di inizio del suo regno. Quindi si parla dell'era di Filippo, che a partire dalla morte di Alessandro il Grande e contando fino ad oggi abbraccia un periodo di 562 anni. Tutte queste epoche degli egiziani cominciano sempre al primo giorno del mese da essi chiamato "thoth", giorno che quest'anno corrisponde al 7 di calende di luglio, tanto che cento anni fa, durante il secondo consolato di dell'Imperatore Antonino Pio e di Bruttius Praesens, questo giorno corrispondeva al 12 di calende d'agosto, epoca del levarsi della canicola in Egitto. Dunque, possiamo vedere che noi siamo oggi nel centesimo anno di questo Grande Anno che, come ho detto prima, è chiamato "solare", "canicolare" o anno di Dio."
E così ora sappiamo che nell'anno 138 d.C. iniziò un altro Grande Anno...
"Ho dovuto indicare in quale epoca cominciano gli anni per evitare che si pensi che questi comincino tutti alle calende di gennaio o a qualche altro giorno simile, perché sulla questione delle diverse ere si sottolineano non meno opinioni divergenti nelle volontà dei loro fondatori che nelle opinioni dei filosofi. Così alcuni fanno cominciare l'anno naturale al levar del sole nuovo, cioè in inverno, altri autori al solstizio d'estate, altri all'equinozio di primavera, altri ancora all'equinozio d'autunno, questi al levare, quelli al calare delle Pleiadi, altri ancora, infine al levare di Canicola."
Un bel caos, dunque, ma mai un dubbio sul fatto che gli antichi conoscessero alla perfezione l'anno solare, anche se con qualche approssimazione... e chissà che più avanti Censorino non possa raccontarci qualche altra cosa di interessante sul sapere dei suoi tempi, o magari, Varrone vorrà prender parte alla nostra tavola rotonda!?!


Ancora un grande:  Apollodoro: la creazione della razza umana e il Diluvio

Abbiamo già visto qualcosa su Apollodoro e la sua opera, ora proseguiamo...
Nel libro primo Apollodoro ci parla della cosmogonia greca, la nascita dell'universo e degli dei, ma anche la nascita della razza umana e del furto del fuoco...

(Biblioteca, Libro I, 7)
Dall'acqua e dalla terra Prometeo plasmò gli uomini e inoltre donò loro il fuoco racchiudendolo, di nascosto da Zeus, dentro una canna.

Prometeo per il suo furto venne condannato da Zeus ad una pena eterna... ma evidentemente aveva già dato vita alla sua discendenza, perché Apollodoro ci dice che

"Figlio di Prometeo fu Deucalione. Questi, mentre regnava sulle regioni circostanti Ftia, sposò Pirra, figlia di Epimeteo e di Pandora, la prima donna che gli dei avevano plasmato.
Quando Zeus decise di annientare la stirpe dell'età del bronzo, Deucalione per suggerimento di Prometeo costruì un'arca, la equipaggiò con il necessario e vi salì insieme a Pirra.
E Zeus, riversando una gran pioggia dal cielo, sommerse la maggior parte della Grecia tanto che tutti gli uomini perirono ad eccezione di quei pochi che si erano rifugiate sulle cime dei monti vicini: fu a quel tempo che le montagne della Tessaglia si separarono e tutto il mondo al di là dell'Istmo e del Peloponneso fu inondato".

Deucalione, sulla sua arca viene trasportato fino al Monte Parnaso dopo aver navigato per nove giorni e nove notti.
Deucalione e Pirra dopo aver sacrificato a Zeus Salvatore ripopolano il mondo lanciandosi pietre dietro le spalle, nascono così i popoli del mondo dopo il Diluvio...



Solo poche righe per aggiungere un piccolissimo riferimento storico a chi studia il diluvio di Deucalione...
[Apollodoro, Biblioteca, Libro III, 8]Fu durante il regno di Nittimo che si verificò il diluvio di Deucalione e alcuni dicono che esso avvenne proprio a causa dell'empietà dei figli di Licaone".Poco più avanti un altro riferimento:[Apollodoro, Biblioteca, Libro III, 14]Dopo la morte di Cecrope, divenne re Cranao, che era nato dalla terra; fu ai suoi tempi (si dice) che ebbe luogo il diluvio di Deucalione".Licaone e suo figlio Nittimo, sovrani della regione Arcadia, Cecrope e il suo successore al trono di Atene, Cranao, mitiche figure o personaggi storici?Di Licaone sappiamo ciò che ci ha raccontato Ovidio nelle Metamorfosi... e i miti sugli uomini lupo.Ma di che periodo parliamo?Secondo alcuni si tratta del 1500 a.C.... e questi pongono dunque in quel periodo il diluvio, ma non esiste niente di certo!Un altro piccolo tassello a quanto già sappiamo sul diluvio...

Considerazioni interessanti: non solo la Bibbia!


Vogliamo vedere cosa dicono i testi sacri indiani?
SRIMAD BHAGAVATAM - Kapila
[Canto 1, Cap. 3, verso 10]Il quinto avatara fu Kapila, il più elevato di tutti gli esseri realizzati. Egli espose ad Asuri Brahmana la conoscenza della metafisica e degli elementi della creazione, poichè nel corso del tempo questa conoscenza era andata perduta.Se volessimo prendere per buono ciò che ci dice questo verso, si potrebbe dire che Kapila è colui che ha recuperato il sapere del passato.Ma perchè la conoscenza andatò perduta?Di che periodo si parla?Chi era Kapila?Queste cose non mi è dato saperle... e dal testo che ho non si evince niente di più!Sembra però che apparve prima "dell'inondazione totale"... Questa avvenne durante la presenza del decimo avatara...ma vediamo cosa dice...[Canto 1, Cap. 3, verso 15]Quando soppraggiunse l'inondazione totale dopo l'era di Caksusa Manu e il mondo intero fu completamente sommerso dalle acque, il Signore assunse la forma di un pesce e protesse Vaivasvata Manu facendolo salire su un vascello.Se vogliamo dar credito a quando riportato in questo verso, vi fu una grande inondazione, non si parla di diluvio... potrebbe però essere un effetto dello stesso evento verificatosi in altre parti del mondo?Nella spiegazione del versetto si parla comunque di diluvio, affermando che "si scatena sempre un diluvio alla fine di ogni Manu".In ogni caso vi è un sopravvissuto, Vaivasvata Manu, un altro Noè, Ziusudra (o Utmapistim), Xisuthrus, Deucalione... e chissà quanti altri!

Finirà qui?

Alessandro Giovanni Paolo RUGOLO



Fonte: http://tuttologi-storia-e-archeologia.blogspot.com/2011/04/il-diluvio-universale-e-larca-di-noe.html