Il
santuario panellenico di Delfi, situato ad un’altitudine di 500 metri sulle
pendici del monte Parnaso, fu il più importante santuario del mondo greco.
Le due zone principali di cui si compone il sito
archeologico sono separate dalla sacra fonte Castalia, in quella situata più in basso sono presenti i resti di un
ginnasio con palestra e bagni, il santuario di Atena Pronaia ed una Tholos rotonda circondata da venti colonne doriche; La zona
più alta comprende molti monumenti votivi, una lunga serie di Tesori come
quelli degli Ateniesi e degli Spartani, il
Parlamento, la colonna ionica che sorreggeva la sfinge dei Nassi, la
"roccia della Sibilla" con la tomba del serpente Pitone, tempio di
Apollo, l'antico teatro e lo stadio dove si svolgevano i giochi pitici.
Il monumento simbolo del santuario, oltre al tempio di Apollo, è l’Omphalos che, secondo i greci, rappresentava il centro dell’universo.
TESORO DEGLI ATENIESI |
Il monumento simbolo del santuario, oltre al tempio di Apollo, è l’Omphalos che, secondo i greci, rappresentava il centro dell’universo.
Una tradizione infatti racconta che Zeus,
volendo sapere quale fosse il centro del mondo, avesse liberato due aquile di
pari forza da uno stesso punto in due direzioni opposte, il luogo dove esse si
incontrarono fu appunto Delfi che da quel momento divenne il fulcro
dell’universo segnalato da una pietra conica (betilo), l’Omphalos.
L’origine
sacra del sito è probabilmente molto più antica del tempo in cui fu consacrato
ad Apollo, infatti numerose evidenze archeologiche dimostrano la frequentazione
cultuale nella famosa fonte Castalia, quasi sicuramente il fulcro da cui si
sviluppò l’intero santuario.
Le
prime frequentazioni furono quasi certamente di epoca micenea e, pur non
sapendo la data ufficiale della consacrazione ad Apollo, possiamo comunque
presumere che essa avvenne dopo la cosiddetta “invasione dorica”.
TEMPIO DI APOLLO |
La modalità con cui avvenne questa
consacrazione ci fa pensare ad una rottura con un ordine preesistente, infatti
Apollo conquistò Delfi uccidendo il pitone o la dracèna, come definita
nell’inno omerico ad Apollo, che custodiva la fonte Castalia.
Il
mito ci racconta che il dio discendendo dall’Olimpo, dove il padre Zeus gli
infuse l’arte mantica o della profezia (in altre tradizioni si afferma che
Apollo abbia carpito quest’arte da Pan), si impegnò a cercare la sua dimora sulla terra dove erigere un tempio
in suo onore; dapprima si diresse alla fonte Telfusa che però lo convinse ad
andare presso la fonte Castalia, custodita e protetta dalla Dracèna (un drago
di sesso femminile), o un drago o pitone, comunque un grosso rettile dove
stabilì il suo tempio dopo aver ucciso l’avversario con una freccia (che
simboleggia il raggio del sole comandato dal dio).
Questa
cesura col passato non intendeva cancellarne completamente il ricordo, infatti
la donna che vaticinava gli oracoli del dio si chiamava Pizia o Pithia in
ricordo della pitonessa uccisa dal figlio di Zeus quasi a voler simboleggiare
un legame con il passato che, evidentemente i nuovi venuti non sentivano
estraneo, come dimostrano i poemi omerici che parlano degli Achei per esaltare
le origini e i valori dei greci.
Il
santuario di Delfi ricoprì il suo ruolo di punto di riferimento spirituale per
tutto il mondo ellenico e anche per le popolazioni che entrarono in contatto
con i greci per più di mille anni, conoscendo il suo massimo splendore
nell’epoca che siamo soliti chiamare classica attraverso alterne fortune fino a
quando il fervore religioso dell’imperatore Teodosio ne decretò la distruzione.
Pausania
nella "Descrizione della Grecia" del II secolo d.C, riferisce che tra
i doni dedicati ad Apollo nel suo tempio a Delfi, trovava posto una statuetta
del Sardus Pater, donata dai barbari
che sono ad occidente ed abitano la Sardegna, indubbiamente parlava dei sardi;
questo particolare ci chiarisce due concetti fondamentali: che i sardi all’epoca
del dono (probabilmente nel VI secolo per celebrare la vittoria sul
generale cartaginese Malco) avevano piena sovranità sull'isola e che il santuario delfico era un punto di
riferimento anche per le popolazioni lontane dalla Grecia.
Nel luogo sacro oltre ad Apollo veniva
venerato anche Dioniso, altra figura importantissima (già menzionata
precedentemente nei post ORIGINI DEL MITO DIONISIACO e IL MITO DI DIONISO E SUOI POSSIBILI COLLEGAMENTI CON LA SPIRITUALITA’ DELLA SARDEGNA ANTICA - I PARTE) della spiritualità misterica del mondo greco,
infatti Eschilo nelle Eumenidi dice che Bromio (epiteto di Dioniso) è il
signore del luogo e che da li si mosse con il suo esercito di baccanti (le
sacerdotesse seguaci del dio) per punire ed uccidere Penteo di Tebe.
Dioniso
regnava su Delfi durante i mesi invernali, egli era simbolo di resurrezione e
della ciclicità della natura, infatti, dopo il solstizio invernale le ore di
luce vanno via via aumentando, il sole inizia la sua lenta risalita dalle
tenebre, il figlio di Zeus e Semele rappresentava il sole dei morti che si
avviava a nuova vita.
A
Delfi non si svolgevano solo rituali religiosi, ma era molto importante anche
per le gare Pitiche, seconde per importanza solo alle Olimpiadi, a differenza
delle quali prevedevano oltre alle prove ginniche anche esibizioni poetiche,
canore e musicali.
Nel
grande santuario greco non vi era differenza di prestigio tra gli atleti e gli
artisti, essi infatti godevano di pari dignità, un caso purtroppo unico nella
storia dell’umanità.
I
vincitori di tali gare avevano il diritto di edificare dei monumenti in ricordo
dei loro trionfi.
Una
scritta all’ingresso del tempio di Apollo recitava “conosci te stesso”, questo era il più importante avvertimento che
veniva dato al supplice che chiedeva il responso all’oracolo, esortandolo a
prendere coscienza del proprio essere affinché entrasse in sintonia con il dio.
Dopo
i rituali di purificazione e i sacrifici rituali, il devoto era ammesso alla
presenza della Pizia che dava il suo responso seduta sul sacro tripode tramite
versi incomprensibili, il sacerdote di Apollo interpretava il vaticino e lo
metteva per iscritto, in prosa o in esametri.
Se
le parole della Pizia erano incomprensibili, l’interpretazione del Sacerdote
erano spesso stravaganti ed enigmatiche, molto spesso i vaticini dovevano
essere interpretati vista la loro ambiguità.
Ricordiamo
come caso esemplare quello di re Creso sovrano del potente regno di Lidia che
si recò a Delfi in vista della sua imminente campagna militare contro la Persia
di Ciro il grande per chiedere il parere della Pizia.
La
risposta che ottenne fu: "Se
Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un
grande impero".
Il
re credette che il vaticinio gli fosse favorevole e mosse senza indugio contro
i persiani, il suo esercito venne distrutto e venne fatto prigioniero da Ciro,
fu così che il suo grande impero cadde e si avverò la profezia di Apollo.
In
questo caso l’errata interpretazione della volontà di Apollo provocò la caduta
di un grande regno, ma in alcuni casi le parole della pitonessa salvarono i
devoti del dio.
Vista
la grande importanza del santuario delfico, nessuna decisione importante poteva
essere presa senza conoscere la volontà del figlio di Zeus.
Un
esempio di interpretazione corretta dell’oracolo si può ritrovare nelle vicende
di Atene e Sparta durante le guerre persiane: in
occasione del tentativo di invasione da parte dell’esercito di Serse, sia gli
ateniesi che gli spartani si rivolsero all’oracolo delfico per conoscere il
loro destino.
Nel caso di Atene la Pizia disse all'emissario che gli abitanti dovevano abbandonare la città e che la loro salvezza sarebbe stata un muro
di legno; Temistocle utilizzò l’oracolo per convincere i suoi concittadini ad
abbandonare la città e fare affidamento sulla potente flotta ateniese.
La sua interpretazione si rivelò
esatta e le sue navi sbaragliarono quelle persiane, coloro che lo seguirono
ebbero salva la vita mentre chi rimase in città morì sotto
le macerie della stessa.
Nel
caso di Sparta l’oracolo disse che per la salvezza della città sarebbe dovuto
morire un re, probabilmente proprio queste parole spinsero re Leonida a resistere
fino alla morte al passo delle TERMOPILI, dando così il tempo ai suoi alleati
di organizzare una difesa adeguata contro gli invasori persiani.
A
dimostrazione della grande importanza che il santuario rivestì per il mondo
antico basti pensare che, nel corso dei secoli, sovrani e poleis lo
arricchirono di splendidi monumenti e doni, come ad esempio il tesoro degli
ateniesi, al fine di ingraziarsi la divinità e acquisire prestigio e grandezza
agli occhi dei loro alleati o avversari.
MONUMENTO DEI RE DI ARGO |
Il
discorso relativo alla storia e alla spiritualità del santuario delfico non si
esaurisce con questo post, ma verrà approfondito in future riflessioni che
intendiamo condividere.
Fabrizio e Giovanna
Foto di Nicola S.
Fabrizio e Giovanna
Foto di Nicola S.
qualcosa sul muro degli schiavi?
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