Il principio femminile nel Neolitico
era una divinità portatrice di vita e, come abbiamo avuto modo di vedere nel
precedente post LA DEA MADRE: I VOLTI DELLA DEA - ISIDE -, la religione egizia lo celebrò con il mito della meravigliosa
Dea Iside, le cui sacerdotesse erano guardate con rispetto e timore e la loro
parola era legge.
La mitologia greca cambiò questa
visione della “magia” al femminile dando ad essa un’accezione perlopiù
negativa.
Le donne dotate di poteri magici non
furono più definite Dee, esse divennero infatti prima maghe, poi streghe.
La figura emblematica di questa
visione “terribile” del potere del femminile, è Medea, la maga che per amore dell'argonauta Giasone tradì il padre, uccise il fratello e si macchiò di altri atroci
delitti.
Il sorte di Medea si intrecciò
con quella di Giasone a causa del desiderio dell’eroe di entrare in possesso
del famoso Vello d’oro.
L’impresa era talmente importante che Era ed Afrodite
si allearono tra loro per favorirne la riuscita e, ritenendo che i poteri della
bella maga fossero utili a Giasone, indussero Eros a farla innamorare
dell’eroe.
Medea era figlia di Eete, re
della Colchide e padrone del Vello d’oro;
quest’ultimo era protetto da un enorme
serpente, simbolo, insieme al drago, della custodia dei segreti.
Giasone si presentò a corte e
chiese il prezioso manto al re, il quale acconsentì a condizione che si
prestasse ad una prova di coraggio, consistente nell’ aggiogare due enormi tori
dalle zampe di bronzo per costringerli ad arare un campo, in seguito dovevano
essere seminati dei denti di drago dai quali sarebbero nati dei guerrieri
armati e pronti all’azione.
L’impresa era disperata e i
compagni di Giasone tentarono invano di dissuaderlo. Medea, che si era subito
perdutamente innamorata dell’Argonauta, dopo essersi a lungo dibattuta tra la
fedeltà a suo padre e il sentimento
amoroso, donò all’amato un unguento in grado di renderlo invulnerabile. L’impresa
riuscì e il re della Colchide dovette concedere a Giasone il permesso di
prendere il Vello, con la speranza che il serpente fosse riuscito ad ucciderlo;
anche in questo frangente il greco riuscì a cavarsela grazie all’aiuto di Medea
che addormentò la bestia con un canto magico.
Questa azione decise il destino
di Medea e rappresentò il punto di non ritorno, infatti decise di seguire
Giasone in Grecia e tutte le azioni, incluse quelle più tremende, furono
determinate da questa passione.
Medea fuggì insieme a Giasone
sulla nave Argo, fece a pezzi il fratello e ne buttò i resti in mare per
rallentare l’inseguimento del padre che li raccolse per dare degna sepoltura al
figlio. La maga fu determinante anche in
altre occasioni:
-
uccise Talos, il gigante di bronzo che cercava di
impedire l’approdo a Creta scagliando grosse pietre sulla nave, facendogli
esplodere l’arteria del malleolo;
-
aiutò il suo sposo a riappropriarsi del trono usurpato
dallo zio Pelia durante la sua assenza, inducendo con l’inganno le figlie a
farlo a pezzi e a gettarlo in un calderone di acqua bollente con la promessa di
ringiovanirlo.
I due amanti si stabilirono a
Corinto dove ebbero due figli, ma mentre Medea si struggeva d’amore, Giasone si
innamorò della figlia del re di Corinto e la sposò.
Giasone, per avere piena libertà,
la fece condannare all’esilio insieme ai suoi figli. Sentendosi tradita, la
maga, ripensando alle atrocità commesse in nome di quell’amore non corrisposto,
si lasciò sfuggire delle parole che lasciavano presagire la sua terribile
vendetta. Fingendo sottomissione donò una veste stregata alla nuova moglie di
Giasone, che, una volta indossata, avvolse il corpo della donna nelle fiamme.
Dopo questo ulteriore delitto Medea comprese che la sua unica via di salvezza
era la fuga, ma non poteva andarsene senza attuare la più terribile delle
vendette, infatti uccise i suoi figli e fuggì a bordo di un carro trainato da
due draghi guardando con disprezzo l’uomo che aveva amato che osservava
impietrito i cadaveri dei due bambini.
La vicenda di Medea ha molti
punti di contatto con l’immagine delle streghe europee dei secoli successivi.
Un’interpretazione simbolica fa di Medea l’archetipo del lato terribile del
femminile, la vendetta della Dea che prende il sopravvento sulla sua parte
consolatrice; la differenza con la Dea Iside è enorme, quest’ultima, infatti,
utilizza la sua energia negativa per preservare il mistero che la anima, mentre
Medea è più umana nelle sue rappresentazioni del maligno, in quanto determinate
da un amore travolgente e passionale poco divino e molto terreno.
Fabrizio e Giovanna
Riferimenti bibliografici:
Euripide, Medea
Fernando Jiménez del Oso, Streghe
Fabrizio e Giovanna
Riferimenti bibliografici:
Euripide, Medea
Fernando Jiménez del Oso, Streghe
bellissimo!
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