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martedì 26 febbraio 2019

La sommossa del 6 luglio 1795


Il 6 luglio del 1795 vi fu nella città di Cagliari una sommossa che, per la partecipazione popolare e per i suoi fattori scatenanti, si può considerare la più spontanea e politicizzata. 

Abbiamo visto che quanto accadde il  28 APRILE 1794 non ebbe effetti così eclatanti dal punto di vista sociale: non vi furono grosse rappresaglie e i funzionari piemontesi furono allontanati con i loro effetti personali senza subire violenza alcuna. Fu una rivolta atta semplicemente ad ufficializzare una nuova realtà caratterizzata dall'ascesa della nuova classe politica, dove spiccavano uomini di legge e intellettuali che, incoraggiati dal clima rivoluzionario che imperversava il mondo circostante, si facevano portavoce di nuovi ideali, atti a superare le vecchie concezioni feudali di proprietà e sfruttamento del lavoro. I feudatari, dal canto loro, nonostante la poca devozione nei confronti di una monarchia tendente all'assolutismo, si resero conto del fatto che il loro destino fosse fortemente legato a quello della classe dominante e sentivano sempre più pressante il terrore di venire travolti dall'ondata innovatrice.



Dopo “il vespro sardo” il governo fu assunto dalla Reale Udienza, dominata da Giovanni Maria Angioy, e la difesa fu affidata alla milizia popolare di Vincenzo Sulis.
Dopo la fallimentare missione a Torino il Sircana e il Pitzolo rientrarono nell’isola e quest’ultimo manifestò da subito la sua avversione ai fatti appena occorsi, spaccando così la città di Cagliari in due fazioni contrapposte che vedevano, da un lato, quella conservatrice dove confluì lo stesso Pitzolo, e dall’altro, quella chiamata dei Giacobini, costituita da personaggi dotati di idee più progressiste come il Cabras, il Pintor, il Sulis, il Musso e l’Angioy. 
Nella città di Cagliari si incominciò a sospettare che il Pitzolo si fosse venduto per ottenere in cambio dei vantaggi, tale idea trovò conferma il 5 luglio 1794 con la nomina di nuovi alti ufficiali da parte del governo di Torino: il Pitzolo fu nominato sovrintendente del Regno, il marchese Paliaccio della Planargia generale delle milizie, l’avvocato Gavino Cocco reggente la Reale Cancelleria e il Cavalier Santuccio governatore di Sassari.
Questo fu un subdolo espediente che, apparentemente, soddisfaceva una delle cinque domande, ma di fatto saltò l’antica prassi del sistema delle terne, che consisteva nella presentazione di tre candidati decisi in Sardegna, tra i quali il re poteva sceglierne uno. 
Tale imposizione dall’alto inasprì le già pressanti divisioni interne che il nuovo viceré, il marchese Filippo Vivalda, sbarcato nella città di Cagliari il 6 settembre 1794, seppe sfruttare a suo vantaggio.




Il malcontento fu in seguito alimentato dalla sostituzione del conte Avogrado nella Reggenza degli Affari del Regno con il conte Pietro Gaetano Galli della Loggia e dalla conferma delle nomine dei tre magistrati Flores, Fontana e Sircana, già contestati dagli stamenti perché troppo legati alla corte torinese. 
Nonostante le rimostranze degli stamenti militare ed ecclesiastico, il 30 giugno 1795 il vicerè Vivalda ricevette un dispaccio contenente la notizia della conferma delle nomine dei tre magistrati da parte del ministro Galli e l’ordine che comunicasse la decisione governativa al Generale delle Armi per prendere le precauzioni del caso.

Ai primi di luglio del 1795 si diffuse la notizia di un tentativo di sommossa e il Planargia mise le truppe in stato di allarme e si preparò a fronteggiare il pericolo, intenzionato ad imprigionare i “novatori” con la collaborazione del Pitzolo.




Il 6 luglio del 1795 alcuni membri degli Stamenti chiesero formalmente al vicerè la destituzione del Generale e dell’Intendente. Il vicerè girò la richiesta agli Stamenti riuniti, che in una seduta tumultuosa espressero parere favorevole. Nonostante la protesta del popolo presente nella sala della riunione e la successiva occupazione del palazzo, l’astuto vicerè continuò a tergiversare finché dichiarò di arrestare il sovrintendente Pitzolo in attesa di ordini regi. 




Mentre si conduceva l’arrestato nel carcere di S. Pancrazio fu trucidato dal popolo inferocito che seguiva silenzioso il corteo.
Il 22 luglio 1795 il Planargia subì lo stesso trattamento nel cortile di S. Pancrazio.
I sanguinosi eventi di luglio sancirono l’estromissione dei conservatori dagli affari pubblici nella città di Cagliari.




Fabrizio e Giovanna

venerdì 15 febbraio 2019

Da Marino di Tiro a Vesconte Maggiolo





Oggi, grazie alle carte moderne, possiamo vedere il meridiano di Roma…ed apprezzare il lavoro di Vesconte Maggiolo nel Planisfero di Fano. Ho rimarcato il meridiano di Roma. Siamo a Genova agli inizi del 1500.

Nelle carte ( genovesi) di Caveri e del Maggiolo c’è una immagine della Terra. Sono 180 gradi.


In queste due immagini il meridiano centrale cade sulle Baleari.
A complicare il tutto esiste una proiezione conica, del Maggiolo, fatta a Napoli nel 1511.
  


Cercherò di spiegare … quello che potrò.
Per le date c’è il problema delle cifre romane e di quelle arabe. Per i nostri esperti sembrerebbe che il Maggiolo abbia avuto problemi con lo 0 (ZERO): il 1 5 4 viene letto 1504.
Osservate attentamente la proiezione conica napoletana. Si parte dalla punta di Cuba. I 90° cadono sulle Colonne d’Ercole (Gibilterra) e si chiudono i 180° sulla costa occidentale dell’India. Questa lettura, immediata, dà per scontato che i settori di meridiano siano da 10 (dieci) gradi.
Non va bene.


Se io metto il meridiano centrale sulle Baleari (come suggeriscono le due immagini della Terra) e ricalcolo quei meridiani… vedo che per avere 90° ho bisogno di 10 settori da 9 (nove) gradi. Per arrivare al Golfo del Bengala debbo tracciare 20 settori da 9°.
Ho già segnalato che nelle carte del 1300 (cito solo  Pietro Vesconte) la parte a occidente delle Baleari ha una inclinazione e una scala diversa da quella orientale. Una quarta di vento affermò Colombo … dando la colpa alla Bussola. E Toscanelli viene deriso per i suoi settori da 250 miglia (da 4,5°) davanti a Lisbona. Povero Marino di Tiro….

Rolando Berretta

sabato 19 gennaio 2019

Planisfero di Fano: datazione da rivedere





Qualcosa non torna nella datazione del Planisfero di FANO del 1504.



Siamo partiti con il Mappamondo di Hereford dove Cesare Ottaviano Augusto…. (secondo Paolo Orosio) e siamo incappati in:


   Vesconte de Maiollo con il Planisfero di Fano del 1504 (… cartam DE ANNO DM 1  5  4  DIE)   
e, successivamente, nel Planisfero di Pesaro. In quest’ultimo ho ravvisato la sigla di Vespucci. Partiamo da questa sigla. Nel Planisfero fatto a Napoli nel 1516 (sempre dal Maggiolo) c’è la M di maggio.  Le sto, ancora, confrontando; per me sono diverse. 
Ritorniamo al Planisfero di Fano e alla sua datazione.



La data, riportata nella stessa carta, ha messo a dura prova i migliori esperti. Evito di riportarne tutte le datazioni proposte.
Come ho sempre detto: una particolare cartografia fece la sua comparsa a metà dell’anno 1200. Solo i Romani avevano avuto i mezzi e la necessità di  cartografare i loro possedimenti. Se tenevano aggiornato il loro catasto stradale non avranno avuto nessun problema a disegnarne le coste relative.       

Avete presente le due navi recuperate nel Lago di Nepi? Recita la wikipedia:
Nonostante le spoliazioni, le navi mantengono intatta la loro imponenza: essendosi conservata la cosiddetta opera viva (la parte immersa dello scafo) è possibile apprezzarne i dettagli costruttivi e gli elementi strutturali ed il ritrovamento rivoluziona le conoscenze della tecnica navale romana. Le navi impiegano legno di pino, di abete e di quercia. La parte esterna della carena è rivestita da un tessuto in lana imbevuto di sostanze impermeabili, a sua volta ricoperto da fogli in piombo tenuti in sede da una fitta chiodatura (siamo ai tempi di Caracalla).
Avevano, quindi, una flotta idonea ad attraversare l’Oceano. Sulla presenza romana nel Nuovo Mondo c’è molta letteratura. Sui contatti tra Vecchio Mondo e quello NOVUS idem.

Così Plutarco (46/48 – 125/127 d.C.)  nel : IL VOLTO DELLA LUNA:
26. ….ma ricorderò anzitutto che il suo autore cominciò per noi, se possibile, con una citazione da Omero: lungi nel mare giace un'isola, Ogigia, a cinque giorni di navigazione dalla Britannia in direzione occidente. Più in là si trovano altre isole, equidistanti tra loro e da questa, di fatto in linea col tramonto estivo…. (ringrazio l’Autore del PDF trovato in Rete)
Dopo tutto questo preambolo possiamo passare all’argomento che mi interessa dimostrare.

Leggete attentamente questa frase riportata nella carta di Fano:
….CARTAM  DE ANNO DM 1  5  4  DIE…. Questa data, per me, è precisissima. Vesconte Maggiolo sta lavorando su una carta dell’anno 154 dell’era cristiana. E’ il periodo che vede Claudio Tolomeo operare ad Alessandria dove aveva, già, operato Marino di Tiro con i suoi meridiani e paralleli tutti dritti e uguali tra loro.
Lo spazio occupato dalle cifre 1 5 4 dimostra che Vesconte Maggiolo voleva scrivere CLIV (lo spazio era idoneo) ma ha cambiato idea all’ultimo minuto.


Rolando Berretta