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martedì 21 aprile 2020

Pozzo sacro Is Pirois - Villaputzu




Come arrivare da Cagliari:



Percorrendo la s.s.125 verso Tertenia si arriva il km. 88,400, dopo aver superato il rio S. Giorgio, si trova un cartello indicante il Pozzo Sacro, seguendo le indicazioni si prende una strada sterrata sulla destra.

Dopo 750 m. si supera il fiume e, dopo aver trovato un altro cartello, si continua per altri 300 m. fino ad arrivare ad uno spiazzo dove si parcheggia.

Il pozzo è visibile alla destra del parcheggio, per raggiungerlo si devono percorrere a piedi circa 150 m.



Il pozzo sacro fu edificato in età Nuragica  ed è situato nel Sarrabus, in prossimità del confine tra il territorio di Villaputzu e quello di Tertenia. Fu scoperto fortuitamente alla fine degli anni Settanta, successivamente, agli inizi degli anni Ottanta, furono realizzate due campagne di scavo condotte dalla professoressa Maria Luisa Ferrarese Ceruti durante le quali furono rimossi i crolli che coprivano in parte l’edificio.

Il monumento sorge sul pendio di una collina, ad oggi non è possibile ricostruire per intero il contesto ambientale nel quale si inserisce il pozzo, però gli interventi atti a ripulire la zona hanno messo in luce alcuni allineamenti di pietre riferibili a probabili capanne; questa ipotesi è suffragata sia dal ritrovamento di due capanne sulla sommità della stessa collina di fronte ad vicino ovile, sia dalla presenza del nuraghe Nurresu in cima ad una collina posta di fronte al pozzo.




L’analisi dei pochi e frammentari reperti dimostra che l’area archeologica in esame ha avuto una continuità di frequentazione umana dall’epoca nuragica fino all’età storica, i ritrovamenti più significativi sono rappresentati da alcuni frammenti di ceramica nuragica e di anfore ascrivibili ad un periodo che oscilla tra il I e il VI sec. d.C.

Il monumento si è adattato al pendio della collina e presenta un elevato di maggiore altezza a valle, mentre  nel dislivello sono racchiusi il pozzo e un secondo ambiente circolare costruito sulla tholos che ne chiude la camera (interpretato da alcuni studiosi come un nuraghe monotorre); sempre a valle nella parte esterna si può notare il paramento murario a vista realizzato con pietre di diverse dimensioni. 


Nella struttura interna ed esterna le pietre che compongono i paramenti  si compongono di filari di lastrine di pietra locale disposte con maggiore regolarità e accuratezza; presentano maggiore accuratezza anche gli otto gradini che portano al pozzo e gli architravi a scala rovescia che sovrastano la scala ripetendone l’andamento.




Ai lati dell’ingresso sono presenti due bracci murari ad esso solidali che introducono alla scala d’accesso, la loro tecnica costruttiva è simile a quella del paramento esterno.





All’interno il pozzo si presenta a struttura cilindrica con un diametro assai modesto, la presenza dell’acqua, alimentata da una sorgente, non consente però di apprezzarne l’effettiva profondità.

Il pozzo è ricoperto da un ambiente che prosegue la struttura sviluppandosi in altezza, essa si presenta come un secondo vano privo di accessi dall’esterno con pavimento sommariamente coperto da lastre di pietra e un piccolo foro in corrispondenza della chiave di volta della tholos interna. Tra la parete ed il pavimento è inoltre possibile apprezzare una piccola nicchia. 




L’assenza di accessi solleva forti dubbi circa la sua destinazione d’uso originaria e soprattutto la modalità con la quale fosse possibile accedere all’ambiente sia dall’esterno che dall’interno.




La struttura a prima vista ricorda la fonte nuragica Funtana Coberta di Ballao per la presenza dei due bracci antistanti l’ingresso, però le differenze sono sostanziali come la mancanza di comunicazione verso l’esterno della tholos, la camera superiore più ampia del pozzo e la differenza costruttiva tra le varie parti del monumento in esame. 



Per quanto riguarda quest’ultimo punto fu sicuramente frutto di una scelta estetica e non strutturale, infatti la costruzione della tholos sarebbe stata molto più agevole utilizzando pezzame di ridotte dimensioni, oppure si sarebbe potuto costruire l’intero tempio utilizzando lastrine di pietra, invece è chiara la volontà dei costruttori di voler dare tale forma.


Fabrizio e Giovanna



Notizie tratte da: Donatella Salvi “Il popolamento antico del Sarrabus: Is Pirois e San Priamo”,  in La civiltà nuragica, nuove acquisizioni II. Atti del convegno. Senorbì, 14 - 16 dicembre 2000

martedì 14 aprile 2020

Fratelli Corte-Real in Canada


A proposito dei fratelli Gaspar e Miguel Cortereal:
le uniche fonti le abbiamo nelle “lettere” di Alberto Cantino e di Pietro Pasqualigo.
Le navi, ben armate, che partirono furono solo 2 (due); questo hanno scritto!
Cantino  fa ritornare una nave il giorno alli undece del presente; siamo nell’ottobre del 1501.
La lettera fu scritta da Lisbona 1501  17 ottobre
Pietro Pasqualigo scrisse una prima lettera alla Signoria di Venezia: A di 9 dil presente; lettera scritta a di 18 octubrio
Sempre il Pasqualigo, in data XIX octobrio, scrisse ai fratelli: A dir VIII del presente..
  Da quello che hanno interpretato “gli storici” al Pasqualigo  che fa rientrare la  nave il giorno 8 di ottobre (o il 9), . hanno aggiunta quella che il Cantino ha segnalato in data 11 ottobre quindi con 7 + 50 persone; termino qui.  Il fatto curioso è che nessuno dei due (Cantino/Pasqualigo) si ricordasse in quale giorno rientrò quella nave guidata da Miguel Cortereal. Per i “nostri” quella guidata da Gaspar era attesa da un giorno all’altro; non è mai arrivata con la cinquantina di nativi che aveva a bordo. Una persona normale avrebbe scritto, alla Signoria, che erano rientrate due navi. La prima il giorno 8 e la seconda il giorno 9. Stessa cosa con i fratelli. Purtroppo, per gli storici, la nave che rientrò era solo quella del Miguel. Le navi che partirono,  mi ripeto, erano due di numero e non 3 (tre) come scrivono tutti i testi di Storia.
Questi sono gli indirizzi utili:
Fava, Domenico ; Montagnani, Carlo
Mostra colombiana e americana della R. Biblioteca Estense : documenti e edizioni a stampa esposti dal R. Archivio di Stato e dalla R. Biblioteca Estense di Modena nell'anniversario della scoperta dell'America (12 ottobre)
Sono lettere selezionate per quel periodo.

Henry Harrisse, in un testo dedicato ai Cortereal riporta, i testi in oggetto. Cita le fonti veneziane per il Pasqualigo e quelle degli D’Este per Cantino.

Iniziamo dal Cantino come lo riporta la Biblioteca Estense  di Modena
 ( testo che riporta anche l’Harrisse;  quindi è possibile avere TUTTA la lettera).






In queste pagine si possono leggere altre due lettere di Cantino:

Orano, 1501, 7 giugno
“…Et cusì anchora ho inteso da uno proprio che se è trovato in facto; como in quelle insule del re de Spagna più ultime hora se ritrovato una miniera de oro, de la quale ne hanno portato al presente per quatordece milia ducati, et ne esce grane che pesano cento vinti ducati luno, qual se dice esser cosa meravigliosa…..

Questa prima lettera ci dice che Cantino il 7 giugno del 1501 era ad Orano. Sicuramente via Ceuta, sullo stretto di Gibilterra e in mano ai Portoghesi, ha raggiunto Lisbona dove lo troviamo nell’ottobre dello stesso anno. Per completare la lettera del 17 ottobre abbiamo utilizzato il testo completo,  della stessa, come lo riporta Henry Harrisse.
La terza lettera del Cantino, quella datata Roma 1502  19 novembre riguarda le vicende del Planisfero; non la tratto in questo contesto.


Questo per quanto riguarda la Bibioteca Estense di Modena; ecco come termina la Lettera Henry Harrisse:



Questo per quanto riguarda Alberto Cantino nella Biblioteca Estense di Modena.

L’esposizione delle lettere dell’ambasciatore veneziano Pietro Pasqualigo si hanno in:

Per quella alla Signoria di Venezia:
Marin Sanudo, nato da nobile famiglia veneziana il 22 giugno 1466, ha lasciato un’opera di fondamentale importanza: i Diarii, che iniziò a scrivere il 1° gennaio 1496 e che continuò quasi fino alla morte, avvenuta nel 1536. In essi segui giorno per giorno la cronaca minuta, trascrivendo documenti e lettere e riportando anche notizie di costume sulla società dell’epoca. Ne possediamo un’edizione in 58 volumi: MARINO SANUDO, I Diarii, 1496-1533, per cura di R. FULIN, F. STEFANI, N. BONAZZI etc., Venezia, 1879-1902.

Quella indirizzata ai Fratelli fa parte di una collezione privata pubblicata dentro la collezione di viaggi: “ Paesi novamente retrovati”  Vicenza, 1507




Cantino, nella lettera del 17 ottobre,  ci ricorda che:
  Hogi son quindece giorni che questo Signore Re fece invitare lambasatore de Venetiani et io a vedere un suo pallazo nominato Sintra lontano 15.milia da Lisbona, al quale voluntiera andessemo, et quatro giorni con grandissima caza et piacere no dapoi, chio visto et praticato altre Corte, altri Re et Signori, cusi Idio sempre la mantenga lieta et sana, et conciedali per sua gratia a pieno quel che epsa desidera. Io vidi in quella Sintra una cosa excellente, la qual non voglio lassare, questa era una colona de diaspese, longa quatro piedi et de grosseza quanto una botta de octo mastelli et meglio, la qual il Re a una segha da aqua facea in tavole seghare grosse due dita luna, et era octo mesi, che sempre di et nocte se lavorava, ne una spanna et meza in tutto questo tempo havea seghato.
Abbiamo appreso che nei primi di ottobre furono invitati al Sintra. Posso, solo, immaginare che tipo di vita abbiano fatto in quella settimana. Cantino era presente al momento della relazione del Capitano (Miguel) al Re. Per la data credo che il Pasqualigo abbia riportato quella dell’arrivo in porto; il giorno 8 (o 9) mentre Cantino segnala quella della presentazione a Corte; il giorno 11.
Una cosa è certa: nessuno dei due segnala l’arrivo di due navi in date diverse; le date di compilazione sono  posteriori.
Cerchiamo di correggere il primo errore del Pasqualigo (o di Marin Sanudo al momento della trascrizione; 7 invece di VII ):
Il Pasqualigo segnala VII nativi tra uomini, donne e bambini: forse erano LII.  Cantino ne segnala 50. Dato che Gaspar era atteso con altrettanti nativi è lecito pensare che fossero stati divisi in due gruppi. Non è logico  che Miguel ne riportasse VII mentre Gaspar proseguiva la ricerca con 50 persone a bordo con tutti i problemi relativi.
Su una cosa i due relatori sono concordi: le navi partite erano due (2)!
Il Pasqualigo  assicura che darà ulteriori notizie sull’altra “caravella capitana”  attesa a giorni. Quella di Gaspar, quella che non è mai arrivata.
Riguardo alla distanza che Miguel ha detto direttamente al Re … in Portoghese:
Il Pasqualigo, in quella alla Signoria di Venezia, scrive che era di 1.800 miglia. In quella ai fratelli scrive II.M. miglia. (2.000 miglia; ci siamo). Cantino scrive 2.800 miglia; forse erano 1.800. Questa misura va bene… sulle carte del periodo. In realtà sono circa 2,500.
Se prendiamo la distanza dalle Isole del Capo Verde alla mitica Raya, nella charte tipo Cantino, e lo dividiamo in dieci parti, possiamo fare qualche verifica. Quella distanza equivale a 350 leghe o a 1.400 miglia in ragione di 4 miglia per lega.
    Se la distanza da Capo Verde alla Raya vale 10 (dieci) allora la distanza da Lisbona all’Isola toccata da Caboto e dai Corte Real vale 13 (tredici) : ossia sono 1.820 miglia. Fate tutti i calcoli.
Miguel Corte-Real  stà dando la distanza esatta ricavata dalle charte già assemblate.


Inoltre: curioso trovare nativi con gli occhi verdi, vestiti di niente; dato dovrebbero essere Eschimesi. Nessun accenno agli Igloo e agli orsi bianchi. (non mi pronuncio!)

Questo si legge sulla Wikipedia, in italiano:

Storia (?): Alla fine del XV secolo Ercole I d’Este, duca di Ferrara, inviò Alberto Cantino a Lisbona con l'incarico formale di commerciante di cavalli ma in realtà per raccogliere riservatamente informazioni sulle scoperte geografiche portoghesi. In due lettere al Duca, datate al 17 e al 18 ottobre 1501, Cantino riferisce di aver sentito l'esploratore Gaspar Corte. Real  esporre al re Manuel I i risultati del suo ultimo viaggio a Terranova.
Le fonti?
Questa sarebbe la “nostra” spia: chio visto et praticato altre Corte, altri Re et Signori
Questa è un’altra perla: c’è una lettera datata 14 febbraio 1498 del cancelliere Giovanni Adorno, di Genova, indirizzata ad Antonio Costabile dove si parla di ser Alberto Cantino, servitore dell’ill.mo S.Duca di Ferrara avvertendo che egli è venuto dalla Spagna con cavalli e mule.



C’è, sempre, un’altra ipotesi da fare. Il Pasqualigo e il Cantino hanno vissuto una realtà diversa da quella vera. Come scrivono i nostri “vecchi storici” Gasparo (Gaspar) partì. 

(Henry Harrisse riporta altri documenti pag. 164  e pag 202/3 ).


Miguel Corte Real, che era a Malaga;  nell’agosto del 1501, fece questa richiesta:
….vi faccio questa richiesta per conto del re e chiedo a Fernao di Alcacova, che conosce le mie esigenze, di certificarla. Datata 6 agosto 1501
In allegato a questa lettera, è presente una ricevuta, firmata da Miguel, così strutturata:
…Io, Miguel Corte Real, riconosco di aver ricevuto da Cristovan Lopez, scudiero (possidente)  del nostro re, due barili di vino e venti “arrobes” di carne. Ricevo quindi il cibo di ottanta persone…
a cui mancava il cibo; che si imbarcarono il 7 agosto. Erano i viveri per 3 mesi.
E’ questa “seconda” spedizione che rientrò ai primi di ottobre? della quale parlano i nostri relatori?
Quello che sentirono riguardava due navi mandate ad esplorare e non a cercare un fratello scomparso.  Nessun accenno a Gaspar.
Con quello che sentirono, in diretta, Cantino e Pasqualigo, stride.
Cosa hanno fatto gli storici portoghesi a questo punto? Semplice.
Hanno puntato il dito sulla spia “00 d’Este”

La lettera del Cantino termina:
Metterò un termine il quale ora ha posto in uso questo Re; tutti coloro quali sono nel suo regno commettono cose digne de gran pena overo di morte, tutti quelli fa pigliare ne alcuno ne amazza, et servandoli col tempo gli manda in questi lochi et insule ritrovate et imponeli questo, che se mai per alcun tempo ritornarano de donde gli harano lassati per terra a Lisbona, perdonali el delicto, et fali mercede de cinque cento ducati, ma credo io che rari ve ne tornarono, benche in uno locho che si chiama Sancta Croce, per essere dilectevole da bona aria et de dolcissimi fructi abondante, fugirno cinque marinai dele nave del Re, et non volseno più tornare in nave, et li restarno.
Me racomando a V.Ex.tia
Quest’ultima parte dimostra che, delle scoperte portoghesi, al Cantino interessava poco. Della località della Santa Croce dice, con tono sarcastico, che cinque marinai preferirono restare in quella terra; ignorava completamente cosa fosse. Ricorderei, invece, il viaggio di Miguel iniziato il 7 agosto e terminato dopo due soli mesi e riflettete su quello che udirono il Cantino e il Pasqualigo. Il TUTTO era per il veneziano Pasqualigo. Immaginate cosa è successo a Venezia con quei “dati” geografici.   Personalmente rimando ai mittenti il giudizio su Alberto Cantino.
     Restiamo alla Carta donata ad Ercole d’Este.
Ho fatto un ulteriore controllo con il cartografo portoghese Pedro Reinel utilizzando una sua carta del periodo: il 1504.  (Come ho visto questa carta ho capito cos’è la modestia).





Pedro Reinel :   partes de africa     Cantino : parte de Assia  (partes- parte)
Reinel: Africa        Cantino: Los montes claros em affrica). Per l’AFFRICA occorre una buona conoscenza della Geografia di Ptolomeo.  Abbiamo un altro indizio per risalire all’Autore; oltre alla gigantografia di Venezia. Il termine Affrica indica una zona precisa dell’Africa.

A riguardo sentiamo … il fiorentino Michele Rosaccio.



L’Autore della “Cantino” aveva una buona cultura classica.



A proposito dell’isola scoperta da Cortereal: io seguito a veder Kiùshù che è a 180° esatti.
Il nostro Nicolò Caveri, che avrebbe ricopiato la carta Cantino, non riporta nulla su quell’isola.
Segnala, solo, che quell’isola è nella zona portoghese.

Inoltre:



Se vogliamo parlare di chi ha copiato… posso suggerire di dare, prima, una bella raddrizzatina alla Caveri. Poi ne possiamo discutere.

Immaginate di essere un Veneziano che, Carta Cantino in mano, si reca dal Sultano d'Egitto con la proposta di scavare il mitico canale di Suez; non di riattivare il vecchio canale dei Faraoni o il Fiume di Adriano. Il Consiglio dei 10 affidò l'incarico all'ambasciatore Francesco Tedaldi in data 24 maggio 1504. Forse, con la Carta di Caveri, si sarebbe realizzato.

Rolando Berretta