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giovedì 28 aprile 2016

28 APRILE 1794 - SA DIE DE SA SARDIGNA




Come anticipato nel precedente articolo LA RESISTENZA DEI SARDI ALLA FRANCIA RIVOLUZIONARIA,  la  grossa disparità tra sardi e piemontesi nell’assegnazione dei premi per la resistenza alla Francia rivoluzionaria fu il fattore scatenante delle rivendicazioni che culminarono con la cacciata dei piemontesi.
I tre Stamenti dopo una lunga e animata discussione formularono le famose cinque domande che una delegazione presentò alla commissione torinese:
  1. riunire nuovamente i Parlamenti ogni dieci anni,
  2. riconfermare tutti gli antichi privilegi,
  3. riservare esclusivamente a persone indigene tutti gli impieghi civili e militari medio - bassi,
  4. creare a Torino uno speciale ministero per le questioni dell’Isola,
  5. istituire a Cagliari un Consiglio di Stato per il controllo di legittimità anche nei confronti dell’operato dei vicerè.

La delegazione non fu mai ricevuta dalla commissione incaricata dal sovrano di prendere in esame la questione e la risposta alla petizione arrivò direttamente al viceré.
L’esasperazione per l’indifferenza del sovrano e per l’atteggiamento negativo e provocatorio del vicerè Balbiano si accentuò ancor di più a causa delle beffe che i funzionari piemontesi si facevano dei sardi.
 A Cagliari si respirava aria di congiura: si avvicinava la festa di Sant’Efisio, ottima occasione per una rivolta di massa, ma il viceré lo seppe per tempo e organizzò una controffensiva.
Riportiamo la testimonianza fornitaci da alcuni testimoni che al tempo assistettero agli eventi:
Il 28 aprile 1794 i soldati del reggimento svizzero Schmith presero posizione e
verso mezzogiorno furono rinforzati i corpi di guardia a tutte le porte, tanto del Castello, come della Marina.
Verso le tredici una compagnia di granatieri dello stesso reggimento scese dalla Porta Reale, dirigendosi verso Stampace.


Gran parte dei granatieri si dispose in cerchio attorno all'abitazione dell’avvocato Vincenzo Cabras per notificargli un ordine di arresto che si estese al genero del Cabras, Efisio Pintor, anche lui avvocato.
Essi dovevano essere arrestati perché considerati pericolosi rivoluzionari.
I prigionieri furono rinchiusi nella torre di San Pancrazio e i granatieri si barricarono all’interno del quartiere di Castello che subì ben presto l’assalto del popolo. 



I familiari degli arrestati corsero per il popoloso quartiere di Stampace, chiamando a raccolta quanta più gente potevano.
Il viceré mostrò dall'alto del bastione i due prigionieri al popolo, per smentire la notizia della loro uccisione, ma le campane di Stampace avevano suonato all'unisono con quelle della Marina e di Villanova scatenando la pronta reazione degli abitanti dei due sobborghi. 




Una parte corse alla porta di Villanova, un’altra a quella di Gesù, altri verso la Darsena e il Molo.
La folla, superata la resistenza dei soldati, aprì le porte che tenevano divisi i sobborghi tra loro e si diresse compatta verso la porta di Castello.



Mentre quest’ultima bruciava, lunghe scale furono appoggiate alle muraglie dov'erano alloggiati i cannoni e in breve tempo il quartiere fu invaso.
Il viceré trovò scampo nel palazzo arcivescovile e i soldati si arresero al popolo.



Lo scontro fu di breve durata e in poco tempo fu conquistato il palazzo viceregio e tutta la città si trovò nelle mani degli insorti.
Il 30 aprile il viceré Balbiano salì sulla nave veneziana diretta in Italia  che salpò il 7 Maggio 1794.
Il popolo acclamò viceré il marchese di Laconi, prima voce dello Stamento militare, ma il potere, secondo gli usi del Regno, fu trasferito alla Reale Udienza.

L’esempio fu presto seguito dalle altre città sarde.


Fabrizio e Giovanna

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