STORIA DEL PROMONTORIO DAL NEOLITICO AL PERIODO ROMANO
Purtroppo questo bagaglio archeologico allo stato attuale si presenta, pur in ottime condizioni, in un deplorevole stato di abbandono.
Il Promontorio di Sant’Elia è stato frequentato
ininterrottamente dal Neolitico Antico (6000-5000 a .C.).
I punti maggiormente interessati dai ritrovamenti
archeologici appartenenti a questo periodo sono:
- La distrutta grotta di Sant’Elia, probabilmente sacrificata dai lavori delle cave in un punto imprecisato tra il viale Calamosca e il Forte di Sant’Ignazio, dove sono stati ritrovati dei frammenti di ceramica cardiale, ascrivibile al Neolitico Antico, durante gli scavi condotti da E. Atzeni
- Nelle vicinanze della Sella del Diavolo, sopra Marina Piccola, dove sono stati rinvenuti vari cocci, anch’essi ascrivibili al Neolitico Antico, durante gli scavi realizzati da A. Taramelli.
- La Grotta del Bagno Penale, sul costone settentrionale del colle di San Bartolomeo, dove sono stati portati alla luce reperti appartenenti al Neolitico Medio (IV millennio a.C.), tra i quali spicca un vasetto globulare a doppia ansa decorato con dei punti che riproducono forme geometriche.
- La scomparsa Grotta di San Bartolomeo a causa di una frana, si trovava nel costone situato sopra la spiaggia del Poetto, dove si accede solo passando dal mare dove era presente un ricco deposito funerario e gli oggetti ritrovati hanno evidenziato una soluzione di continuità dell’uso della stessa protrattasi fino alla cultura di Bonnannaro (II millennio a.C.).
Il periodo
fenicio-punico è rintracciabile nei numerosi frammenti ceramici, nella cisterna
a pianta rettangolare e sezione trapezoidale, nella lapide dedicata ad Astarte
Ericina con un concio con due colombe scolpite che testimonia l’esistenza di un
tempio in suo onore e nel ritrovamento di una decina di tombe dotate di corredi
funebri a San Bartolomeo.
Tra le numerose testimonianze lasciate dai romani si può
ancora ammirare una cisterna di forma tronco-conica provvista di un ingegnoso
sistema di canalizzazione.
La cisterna punica, molto simile a quelle che si trovano a
Tharros, si trova sulla sommità del colle a poca distanza dalla torre di Sant’Elia,
è di forma trapezoidale con una lunghezza di circa 30 metri. Anticamente era
ricoperta da lunghe lastre in pietra, l’accesso era garantito dalla presenza di
botole collocate sull’estremità. Vista la vicinanza del Tempio di Astarte è
molto probabile che la cisterna alimentasse le vasche dove avvenivano le
abluzioni rituali in onore della divinità.
Resti Tempio di Astarte |
Resti del Tempio di Astarte |
Astarte era la suprema divinità femminile fenicia della
fertilità, della natura e della Madre Terra (come si può notare tali attributi
sono tipici della divinità femminile venerata fin dal Paleolitico), prese l’appellativo
Ericina probabilmente dal monte Erice in Sicilia (oggi monte San Giuliano) dove
esisteva una particolare venerazione della dea. L’origine di questa divinità potrebbe essere babilonese con il nome di
Ishstar, tradotto poi Astarte dai Greci e Ashtart dai Fenici, al suo culto è
stata da sempre legata la pratica della “prostituzione sacra” che avveniva all’interno
del tempio stesso e aveva come protagoniste le fanciulle ancora da maritare.
A testimonianza dell’esistenza del luogo di culto, furono
rinvenuti, nella seconda metà del XIX sec., un concio in pietra raffigurante
due colombe stilizzate e un frammento di marmo con una dedica alla dea.
I romani che si insediarono in seguito nell’area lasciarono
anch’essi delle testimonianze come la cisterna situata anch’essa nel punto più
alto del colle a poca distanza da quella punica. La forma è a “tronco di cono” con una profondità pari a circa 5 metri e
mezzo, sul fondo è presente una vaschetta centrale per la decantazione dell’acqua.
Il sistema di approvvigionamento della cisterna consisteva in una serie di
vasche e canalette, scavate nella roccia, collegate fra loro in modo da far
confluire l’acqua piovana al suo interno.
Vaschetta della cisterna romana |
Canaletta della cisterna romana |
Cisterna romana |
Purtroppo questo bagaglio archeologico allo stato attuale si presenta, pur in ottime condizioni, in un deplorevole stato di abbandono.
Nei prossimi post parleremo della storia successiva che vide
il coinvolgimento del colle nelle varie vicende anche di rilevanza mondiale.
Fabrizio e Giovanna
molto interessante...i ns.paesaggi visti con gli occhi...degli archeologi...hanno un fascino ancora maggiore
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