I ruderi della chiesa di Santa Lucia, luogo di culto di antica origine medioevale, si possono osservare nella parte più antica del rione Marina, e occupano una porzione dell’isolato formato dall’intersezione delle vie Barcellona, Sardegna, Napoli e Cavour.
Quanto oggi resta dell’antico
edificio non rende giustizia alla sua storia e all’importanza che esso ha
rivestito nel passato; la chiesa è, infatti, in linea di massima, totalmente
ignota alla maggioranza dei cittadini, che spesso si fermano incuriositi davanti
alle strutture superstiti, affascinanti pur nella loro nudità. Solo di recente
l’area della chiesa, per decenni mortificata dalla presenza di un parcheggio e
di un ponteggio che nascondevano alla vista la porzione di edificio ancora in
piedi, è stata recintata, in attesa di un adeguato intervento che le restituisca
dignità e la consegni alla fruizione di cittadini e turisti.
Contrariamente a quanto in genere
si crede, l’edificio non venne distrutto dai bombardamenti aerei del 1943; solo
lievemente danneggiata nella cupola e nei locali annessi, essa fu infatti
demolita nel 1947, per motivi legati a ragioni urbanistiche e di speculazione oggi
difficilmente condivisibili, che non tenevano in nessun conto il valore storico
e architettonico del sito e del contesto medioevale del quartiere, per il quale
erano previsti estesi sventramenti e demolizioni; la piazza prevista al posto
dell’edificio non fu infatti mai realizzata, e le strutture residue, ben presto
cadute in totale abbandono, contribuirono ad accentuare il degrado dell’area,
fino a tempi molto recenti.
Non si hanno notizie precise
sull’origine del luogo di culto; allo stato attuale degli studi, se
l’identificazione è esatta, la prima notizia riguardante la chiesa di Santa
Lucia risale al 1 aprile 1119, quando l’arcivescovo di Cagliari Guglielmo concesse
ai monaci Vittorini di Marsiglia, tra gli altri edifici, anche la chiesa Sanctae Luciae de Civita; la chiesa
doveva trovarsi pienamente inserita nel contesto del porto antico, molto
probabilmente al centro di un piccolo borgo funzionale alle attività portuali,
quasi un secolo prima dell’ufficializzazione dell’insediamento pisano sul colle
di Castello; questo avvenimento segnò la nascita della Cagliari medioevale e
pose le basi per il suo sviluppo urbano, che dovette interessare in misura non
marginale anche la zona portuale, anche se i dati concreti al riguardo sono
piuttosto scarsi e incerti.
Per ritrovare menzione della
nostra chiesa si deve attendere fino al 1263 quando, nel corso della visita
pastorale effettuata dall’arcivescovo di Pisa Federico Visconti, essa venne
visitata insieme ad altri luoghi di culto della città.
In seguito alla conquista
aragonese di Cagliari nel 1326, la chiesa si trovò ad essere inserita nel fitto
tessuto del nuovo quartiere disegnato dai conquistatori per la sistemazione della
zona del porto.
La nuova urbanizzazione del rione – giunto in buona parte integro
fino ai giorni nostri – venne portata avanti secondo un progetto ben definito,
con strade diritte e perpendicolari tra loro, che formano, per mezzo della loro
intersezione ad angolo retto, isolati molto regolari di forma quadrata. Non è
noto se l’antica chiesa, trovatasi al centro di un intervento di pianificazione
urbana così complesso, abbia subito per questo delle modifiche o una totale
ricostruzione. È comunque certo che, all’interno del reticolo stradale del
quartiere, essa si inserì perfettamente in uno dei nuovi isolati, mantenendo
questa configurazione fino ad oggi, con l’ingresso aperto sulla via Barcellona,
una delle principali arterie del borgo.
L’orientamento dell’edificio, con
ingresso rivolto a est e abside a ovest, risulta piuttosto anomalo nel panorama
dell’architettura medioevale sarda, per cui è lecito pensare a un qualche
adattamento dell’edificio antico, forse ristrutturato o spostato in funzione
dello sviluppo del quartiere.
Citata in pochi altri documenti
del XIV secolo, passò, nel 1405, tra le proprietà arcivescovili. Ai primi del
Seicento la chiesa venne concessa quale sede della arciconfraternita della
Santissima Trinità e Sangue di Cristo, fondata nel 1606; la confraternita
resterà legata alla chiesa di Santa Lucia fino all’ultimo dopoguerra.
Fu probabilmente in seguito all’insediamento dell’ arciconfrater-nita che la chiesa venne sottoposta ad importanti lavori di
ristrutturazione che, nel corso del Seicento, le diedero la configurazione
planimetrica e l’immagine che mantenne fino al momento della demolizione.
Le varie fasi dei lavori secenteschi
sono ancora da chiarire con precisione: la chiesa antica venne trasformata
(demolita o ristrutturata non è dato di sapere) in una architettura moderna,
perfettamente allineata alle nuove istanze controriformistiche e classicistiche
che stavano lentamente mutando, da qualche decennio, il panorama architettonico
cittadino, fino ai primi del secolo pienamente aderente alla corrente
tardogotica di marca iberica.
L’edificio che ne risultò si
allinea ad altre architetture religiose della città edificate nei secoli XVII e
XVIII: impianto ad unica navata con sei cappelle laterali (tre per lato) e
presbiterio leggermente più stretto e più basso della navata; per quanto
concerne le coperture, navata e cappelle si presentavano voltate a botte,
mentre il presbiterio mostrava una elegante cupola emisferica su pennacchi,
elemento non comune nelle chiese cagliaritane del Seicento, e che si può
accostare agli esempi simili – vicinissimi nel tempo e nello spazio – delle
chiese di Sant’Agostino (ultimo ventennio del XVI secolo) e di Sant’Eulalia
(1612-1613). L’esecuzione geometrica corretta degli elementi di raccordo con il
quadrato di base – contrariamente a quanto avviene nelle due chiese appena
citate, dove i pennacchi mostrano varie incertezze legate all’inesperienza
delle maestranze con questo tipo di strutture – darebbe adito all’ipotesi di
una datazione più recente per il presbiterio di Santa Lucia, datazione al
momento non precisabile. Altre due cupolette simili per forma e decorazioni si
possono vedere quali coperture di due cappelle laterali nella vicina chiesa del
Santo Sepolcro. Alcuni dati documentali ci attestano, comunque, che nel 1620
erano in corso dei lavori.
La chiesa prospettava su via Barcellona con una facciata leggermente arretrata rispetto al filo stradale, conclusa da un coronamento a doppia inflessione, elemento anch’esso comune a molte altre chiese cittadine di epoca barocca o ristrutturate tra Sei e Settecento (tra gli esempi più notevoli superstiti si ricordano le facciate delle chiese di Santa Restituta, Santa Chiara e Santa Teresa). Un semplice portale permetteva di accedere alla navata, il cui piano pavimentale era più basso rispetto alla via antistante. Una cornice marcapiano, di cui resta un piccolo tratto, divideva il prospetto in due ordini. Un finestrone rettangolare in asse col portale dava luce all’interno.
Al di sopra delle cappelle
laterali, su entrambi i lati dell’edificio, vennero ricavati alcuni ambienti di
servizio, accessibili per mezzo di scale collocate nella sacrestia e nel vano
ad essa speculare, in cui si apriva l’ingresso secondario su via Napoli.
Lungo
la via Sardegna si aprivano le finestre per l’illuminazione delle cappelle del
lato sud e del corridoio ad esse sovrapposto. Altri due piccoli ambienti erano
ricavati nello spazio di risulta tra il prospetto principale e le prime due cappelle.
La chiesa venne poi dotata, nel
corso del tempo, di interessanti arredi marmorei e di opere d’arte, elementi oggi
in buona parte dispersi o custoditi presso il vicino Museo del Tesoro di
Sant’Eulalia.
Un ultimo importante restauro si
ebbe tra il 1910 e il 1912, per motivi legati a problemi di tipo strutturale e
statico, non meglio noti. Il “restauro” comportò, oltre alle necessarie
riparazioni volte a garantire la stabilità dell’edificio, la realizzazione di
una nuova decorazione degli interni con un pesante rivestimento pittorico a
tempera, nuove cornici e stucchi, sia nella navata che nelle cappelle. Le
decorazioni in questione sono ben visibili in alcune fotografie dell’interno
eseguite nel 1947.
Uscita indenne dalla parziale
demolizione prevista dal piano regolatore di Gaetano Cima del 1858 (ripreso poi
dal piano Costa del 1890), che prevedeva il taglio delle cappelle del lato sud
per permettere l’allargamento di via Sardegna, la chiesa venne solo lievemente
danneggiata nel corso dei bombardamenti aerei del 1943.
La demolizione quasi totale
avvenne nel 1947: l’edificio venne abbattuto per due terzi della sua
estensione; si salvarono esclusivamente le cappelle del lato destro con gli
ambienti soprastanti, la piccola sacrestia, il muro perimetrale nord del
presbiterio fino all’imposta della cupola, un tratto del muro di fondo dello
stesso presbiterio con una nicchia e un piccolo tratto della facciata su via
Barcellona. Le cappelle vennero murate e i locali da esse ricavati usati per
decenni come deposito.
Come già detto, solo di recente
l’area della chiesa è stata dotata di una recinzione e di alcuni pannelli
illustrativi finalizzati a dare ai cittadini qualche dato utile per la
conoscenza del sito, in attesa di un intervento di recupero e di valorizzazione
non più procrastinabile.
L’indagine archeologica prevista
consentirà, inoltre, di avere dati più certi sulle preesistenze e sulla chiesa
medioevale, di cui, al momento attuale, si sa molto poco.
Nicola S.
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