I Corni di Hattin, 4 luglio 1187
Quest'ultimo avvenimento getta un'ombra di sospetto sulla fedeltà del Maestro negli ideali della Cavalleria Cristiana.
La battaglia di Hattin, che ebbe
conseguenze disastrose per l’esercito Crociato, si svolse lungo la strada che
univa il villaggio di Manescalia ad Hattin, non lontano da Gerusalemme che
cadde il 2 ottobre dello stesso 1187.
Lo scontro vide contrapporsi
l’esercito Crociato, comandato dal Re di Gerusalemme Guido di Lusignano, alle
truppe musulmane al comando del fondatore della dinastia degli Ayubiti, Ṣalāḥ al-Dīn al-Ayyūbi, meglio noto come
Saladino.
Il comandante musulmano ebbe
un’ascesa rapida e inarrestabile, infatti in pochissimo tempo da Califfo del
Cairo diventò re di un vasto regno che si estendeva dalla Siria fino al Sinai.
Egli dimostrò una grandissima
capacità strategica, intuì che per riuscire a battere l’esercito franco aveva
bisogno di una compagine agile ed eterogenea, formata da diversi gruppi etnici
che, pur mantenendo ognuno il suo stile di combattimento, si integrassero tra
loro rispondendo alle esigenze del loro comandante.
Lo schieramento di Saladino, di
circa 35.000 - 40.000 uomini, era composto da reparti di guerriglia formati dai
muttawiyah (volontari religiosi), Turchi,
Curdi e Mammelucchi. I reparti di fanteria vantavano la presenza di circa
20.000 unità, era inoltre presente una grande percentuale di cavalleria leggera
e una limitata aliquota di cavalleria pesante destinata ad essere impegnata
nelle fasi finali dello scontro.
L’esercito crociato era composto
da circa 3000 unità di cavalleria
pesante e 2000 di turcopoli nella quasi totalità appartenenti agli Ordini
Militari, e più di 22.000 fanti pesantemente armati e con un ottimo
addestramento.
Questo scontro mise in luce tutti
i limiti delle armate franche in Terrasanta, contraddistinte dalla mancanza di
un unico comandante e dal fatto che lo stato maggiore del re fosse composto da
baroni talmente potenti da non permettere al re l’autonomia decisionale
necessaria.
L’esercito posto in campo dai cristiani
era il più grande e potente di tutta la storia delle crociate, ma ebbe la
pregiudiziale che i suoi reparti, nonostante fossero ben armati e addestrati, non
furono in grado di integrarsi in una strategia unitaria di combattimento che fu
causa di tantissimi errori strategici.
L’esercito Franco iniziò le sue
manovre il 2 luglio convergendo a
Seforia dove si accamparono in una zona ricca d’acqua e di pascoli per i
cavalli, quindi in un’ottima posizione. Il re Guido, consigliato da Reginaldo
di Chatillon (che fu principe di Antiochia dal 1153 al 1160) e dal Maestro del
Tempio Gerard de Ridefort, prese l’infelice decisione di lasciare la posizione
il giorno successivo al fine di avvicinarsi alle armate arabe che assediavano
Tiberiade. I Crociati furono così costretti ad affrontare una marcia della
durata di un giorno sotto il sole cocente e senz’acqua; quando, ormai stanchi e
assetati, raggiunsero l’altopiano che
sovrastava Hattin per piantarvi le tende trovarono i pozzi asciutti.
Dal canto suo Saladino aveva
scelto per il suo accampamento la pianura sottostante che gli garantiva
abbondanti scorte d’acqua.
Vista la situazione critica del
suo avversario Saladino decise di aprire le ostilità la notte stessa, dopo una
ricognizione del terreno le sue truppe risalirono il pendio che portava
all’altopiano e protette dall’oscurità e dal fumo dell’incendio che appiccarono
furono agevolate nelle manovre di spostamento.
L’esercito arabo fu diviso in tre
tronconi:
- il primo contingente, con a
capo il nipote Taki ed - Din, venne impiegato per bloccare la strada che
conduceva ad Hattin presidiando lo sbocco delle gole ad est,
- il secondo contingente, agli
ordini di Kukburi, bloccava l’eventuale ritirata franca verso ovest in
direzione del villaggio di Manescalia,
- il terzo contingente, comandato
dallo stesso Saladino, si schierò a cavallo a sud verso Tiberiade per impedire
un eventuale tentativo di sfondamento del nemico diretto al lago sottostante.
La zona nord di fronte ai Corni,
era presidiata dai muttawiyah
affiancati dai sufi.
La mattina seguente i Crociati
ripresero la marcia nel tentativo di raggiungere l’acqua, ma si trovarono
circondati e nell’impossibilità di sganciarsi dal nemico senza combattere.
Il contingente templare era
formato da circa 350 uomini, di cui 150 cavalieri e 200 sergenti, dietro di loro erano presenti
500 turcopoli. I Templari e gli Ospitalieri formavano la retroguardia
dell’esercito crociato comandati da Baliano di Ibelin. Al centro dell’armata stava Guido di Lusignano con la sua guardia di mille uomini tra
cavalieri e scudieri a cavallo e la fanteria di Enrico II d’Inghilterra.
Raimondo di Tripoli che era il
signore dei luoghi aprì il combattimento caricando gli arabi verso est,
tentando di sfondare lo schieramento nemico, però riuscì a passare solo lui e
pochi altri cavalieri lasciando il resto dell’avanguardia bloccato in
combattimento sulla strada. Sul lato opposto della valle Templari e Ospitalieri
tentarono una manovra analoga caricando insieme il nemico, superiore
numericamente di almeno tre volte, con il risultato che solo Baliano di Ibelin
e pochi altri cavalieri riuscirono ad attraversare lo schieramento nemico.
Gli ordini militari, visti i
risultati della prima carica, tentarono una seconda volta l’attacco senza però
sortire l’effetto sperato e il re, visti l’andamento sfavorevole della
battaglia e la situazione di stallo, decise di spostare le truppe verso sud
avvicinandosi ai Corni di Hattin. Nel frattempo ad est la situazione era molto
critica, le truppe dell’avanguardia, rimaste isolate dal loro comandante
Raimondo di Tripoli, furono sopraffatte dalla cavalleria leggera di Taki ed -
Din. Saladino entrò in battaglia verso le undici del mattino attaccando il re cristiano
e costringendolo ad avvicinarsi sempre di più verso la sommità dei Corni, i
Templari e gli Ospitalieri non riuscirono ad intervenire in tempo perché
impegnati in combattimento. A questo punto dello scontro Saladino ordinò alla
sua cavalleria pesante l’attacco decisivo contro un esercito crociato ormai
fiacco per la sete e la stanchezza.
In tale battaglia i Templari
combatterono ininterrottamente dalle otto del mattino fino alle cinque del
pomeriggio, come tutto il resto dell’esercito cristiano dimostrarono
grandissimo valore tant’è vero che, nonostante le condizioni estreme furono
necessarie tre cariche della cavalleria musulmana per domare la resistenza
crociata.
In questa tragica battaglia fu
persa per sempre la “Vera Croce” portata sul campo dal Vescovo di Acri, che fu
presa come trofeo dai vincitori arabi.
Centinaia di cavalieri e migliaia di fanti furono catturati
e ridotti in schiavitù e tutti i rappresentanti dei Templari e degli
Ospitalieri vennero uccisi senza pietà dopo il loro rifiuto di abiurare la fede Cristiana, tutti, tranne il Gran Maestro Gerard de
Ridefort, colpevole di aver consigliato male il re, che ottenne la libertà in
cambio della consegna di Gaza.
Saladino solitamente magnanimo e generoso con il nemico, si dimostrò sempre spietato con gli Ordini Militari, perché era consapevole di trovarsi di fronte ai suoi più temibili nemici.
Il suo comportamento insolito nei confronti di Gerard de Ridefort, rende l'incompetenza tattica del "Templare" alquanto sospetta.
Saladino solitamente magnanimo e generoso con il nemico, si dimostrò sempre spietato con gli Ordini Militari, perché era consapevole di trovarsi di fronte ai suoi più temibili nemici.
Il suo comportamento insolito nei confronti di Gerard de Ridefort, rende l'incompetenza tattica del "Templare" alquanto sospetta.
Il re Guido di Lusignano per la
sua libertà dovette promettere la consegna di Ascalona che però non si arrese,
anzi i suoi abitanti lo insultarono quando ordinò loro la resa.
Dopo aver conquistato la città
Saladino premiò il coraggio degli Ascaloniti concedendo loro l’onore delle armi.
Questa vittoria gli spianò la strada verso la conquista di
Gerusalemme il 2 ottobre dello stesso anno.
Fabrizio e Giovanna
Riferimenti bibliografici:
- Georges Bordonove, I Templari
- Ennio Pomponio, Templari in battaglia
- Malcolm Barber, La storia dei Templari
Fabrizio e Giovanna
Riferimenti bibliografici:
- Georges Bordonove, I Templari
- Ennio Pomponio, Templari in battaglia
- Malcolm Barber, La storia dei Templari
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