L'altare rupestre |
Il fascino di questo sito è dovuto, oltre dalla sua
monumentalità, anche dal fatto che la sua funzione ed il significato dei simboli
scolpiti nella roccia non hanno trovato ancora nessuna spiegazione convincente.
Al visitatore si presenta un grande banco di roccia in cui
sono stati scolpiti vari segni: triangoli, quadrati, cerchi, croci, numerose
coppelle e arcani tratti di quella che sembra una perduta scrittura.
Particolare dei triangoli circondati da coppelle |
Sulla destra del bancone principale si trova una roccia che presenta una grossa cavità circolare circondata da dodici coppelle, questo motivo è particolarmente diffuso nell’iconografia prenuragica delle Domus de Janas.
Cavità con le 12 coppelle |
Proprio la presenza delle tombe ipogeiche neolitiche nelle vicinanze dell’altare, potrebbe testimoniare la sacralità e l’alta cronologia del sito.
Cavità nella roccia situate vicino all'altare |
Sulla sinistra della grande pietra sacra è presente un masso costellato da numerosissime coppelle che ne riempiono quasi completamente la superficie. Ricordiamo che le coppelle sono presenti in quasi tutti i luoghi sacri neolitici ed essendo delle cavità, potrebbero essere un chiaro riferimento al culto della divinità femminile.
Il masso delle coppelle |
Roccia con i tre quadrati |
"Scudo crociato" |
I quadrati potrebbero rappresentare il tema della “falsa
porta”, simbolo del passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti tanto
caro agli egizi, i cerchi invece si potrebbero simboleggiare una divinità
solare, ma essendo incavati (quindi simili a delle grosse coppelle) non
possiamo escludere l’appartenenza ad un culto femminile.
Alcuni studiosi ritengono che l’altare rupestre sia di epoca neolitica, altri che sia opera dei monaci bizantini che hanno costruito l’antica chiesa che lo fronteggiava; quella che è oggi presente nel sito è frutto di una riedificazione avvenuta nel XVI secolo.
Alcuni studiosi ritengono che l’altare rupestre sia di epoca neolitica, altri che sia opera dei monaci bizantini che hanno costruito l’antica chiesa che lo fronteggiava; quella che è oggi presente nel sito è frutto di una riedificazione avvenuta nel XVI secolo.
Una curiosità che riguarda la chiesa è la presenza dell’effige
della dea fenicia Astarte sulla sua facciata.
A far propendere certi studiosi verso l’ipotesi bizantina è
la quasi certezza che la chiesa fosse originariamente di rito greco e soprattutto
la presenza di croci ascrivibili alla
religione di Costantinopoli all’interno dei triangoli sovrastanti i quadrati .
Viso della Dea Astarte sulla facciata della chiesa |
Questa teoria è poco plausibile perché nell’iconografia
cristiana non esistono riscontri col monumento di Oschiri.
Riteniamo molto più probabile che l’altare sia opera degli
antichi Sardi e che le croci greche siano state incise in epoca cristiana per “esorcizzare”
l’area sacra pagana e convertirla alla nuova fede.
Nonostante le numerose e qualificate congetture il mistero di
Santo Stefano rimane irrisolto, i suoi enigmatici simboli sembrano quasi un
messaggio lasciatoci dai nostri antichi progenitori che noi non siamo in grado
di capire perché abbiamo dimenticato la giusta chiave di lettura.
Forse indicavano il cammino iniziatico che l’anima del
defunto, il cui corpo era deposto nelle vicine Domus de Jans, doveva
intraprendere per risorgere a nuova vita nell’aldilà.
Resta comunque l’impressione di un luogo magico, vagamente
inquietante per il timore reverenziale che incute pensando a chissà quali
misteriosi riti vi si praticavano.
Abbiamo lasciato l’area archeologica con un certo senso di
frustrazione, causato dalla sensazione di non aver capito praticamente nulla dei
segni presenti in questo spettacolare manufatto.
Dobbiamo avvicinarci con umiltà alle testimonianze lasciateci
dai nostri antenati, con la consapevolezza che ciò che per noi è inspiegabile, per
loro aveva invece un significato chiarissimo, siamo sicuri che se potessero
sentire i nostri ragionamenti si farebbero una sonora risata.
Nessun commento:
Posta un commento