Come
anticipato nel precedente articolo LA RESISTENZA DEI SARDI ALLA
FRANCIA RIVOLUZIONARIA,
la grossa disparità tra sardi e piemontesi
nell’assegnazione dei premi per la resistenza alla Francia rivoluzionaria fu il
fattore scatenante delle rivendicazioni che culminarono con la cacciata dei
piemontesi.
I
tre Stamenti dopo una lunga e animata discussione formularono le famose cinque
domande che una delegazione presentò alla commissione torinese:
- riunire nuovamente i Parlamenti ogni dieci anni,
- riconfermare tutti gli antichi privilegi,
- riservare esclusivamente a persone indigene tutti gli impieghi civili e militari medio - bassi,
- creare a Torino uno speciale ministero per le questioni dell’Isola,
- istituire a Cagliari un Consiglio di Stato per il controllo di legittimità anche nei confronti dell’operato dei vicerè.
La
delegazione non fu mai ricevuta dalla commissione incaricata dal sovrano di
prendere in esame la questione e la risposta alla petizione arrivò direttamente
al viceré.
L’esasperazione
per l’indifferenza del sovrano e per l’atteggiamento negativo e provocatorio del
vicerè Balbiano si accentuò ancor di più a causa delle beffe che i funzionari
piemontesi si facevano dei sardi.
A Cagliari si respirava aria di congiura: si
avvicinava la festa di Sant’Efisio, ottima occasione per una rivolta di massa,
ma il viceré lo seppe per tempo e organizzò una controffensiva.
Riportiamo
la testimonianza fornitaci da alcuni testimoni che al tempo assistettero agli
eventi:
Il
28 aprile 1794 i soldati del reggimento svizzero Schmith presero posizione e
verso
mezzogiorno furono rinforzati i corpi di guardia a tutte le porte, tanto del
Castello, come della Marina.
Verso
le tredici una compagnia di granatieri dello stesso reggimento scese dalla
Porta Reale, dirigendosi verso Stampace.
Gran
parte dei granatieri si dispose in cerchio attorno all'abitazione dell’avvocato
Vincenzo Cabras per notificargli un ordine di arresto che si estese al genero
del Cabras, Efisio Pintor, anche lui avvocato.
Essi
dovevano essere arrestati perché considerati pericolosi rivoluzionari.
I
prigionieri furono rinchiusi nella torre di San Pancrazio e i granatieri si
barricarono all’interno del quartiere di Castello che subì ben presto l’assalto
del popolo.
I familiari degli arrestati corsero per il popoloso quartiere di
Stampace, chiamando a raccolta quanta più gente potevano.
Il
viceré mostrò dall'alto del bastione i due prigionieri al popolo, per smentire
la notizia della loro uccisione, ma le campane di Stampace avevano suonato all'unisono con quelle della Marina e di Villanova scatenando la pronta
reazione degli abitanti dei due sobborghi.
Una
parte corse alla porta di Villanova, un’altra a quella di Gesù, altri verso la
Darsena e il Molo.
La
folla, superata la resistenza dei soldati, aprì le porte che tenevano divisi i
sobborghi tra loro e si diresse compatta verso la porta di Castello.
Mentre
quest’ultima bruciava, lunghe scale furono appoggiate alle muraglie dov'erano alloggiati i cannoni e in breve tempo il quartiere fu invaso.
Il
viceré trovò scampo nel palazzo arcivescovile e i soldati si arresero al
popolo.
Lo
scontro fu di breve durata e in poco tempo fu conquistato il palazzo viceregio
e tutta la città si trovò nelle mani degli insorti.
Il
30 aprile il viceré Balbiano salì sulla nave veneziana diretta in Italia che salpò il 7 Maggio 1794.
Il
popolo acclamò viceré il marchese di Laconi, prima voce dello Stamento
militare, ma il potere, secondo gli usi del Regno, fu trasferito alla Reale
Udienza.
L’esempio
fu presto seguito dalle altre città sarde.
Fabrizio e Giovanna
Quello era il popolo dei Sardi......non dei sordi....
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