Il
primo periodo di amministrazione sabauda fu caratterizzato soprattutto dalla
precarietà del rapporto con la realtà isolana.
Inizialmente
i Savoia cercarono di conservare l’autonomia degli ordinamenti isolani, ma nel
contempo fecero del loro meglio per mantenere le prerogative della sovranità.
Questo atteggiamento fu determinato da una prudente valutazione politica nella
quale influiva, da un lato, la preoccupazione di abituare soprattutto i ceti
privilegiati alla nuova dominazione, da un altro lato, influivano invece
considerazioni di politica internazionale.
Coerentemente
a questo proposito, il 31 dicembre del 1721, fu istituito a Torino il Supremo
Consiglio di Sardegna, un organo consultivo del governo che ereditò le
attribuzioni del Supremo Consiglio d’Aragona, mentre la Reale Udienza, l’organo
collegiale creato in epoca spagnola al fine di amministrare la giustizia,
continuò ad esercitare le sue funzioni; rimasero in vigore anche quei privilegi
concessi dagli aragonesi e spagnoli alle sette città regie e quelli conferiti
attraverso diplomi speciali ad altri territori e paesi.
Poiché
la dominazione spagnola aveva lasciato un‘impronta significativa sugli usi e
costumi, si pensò di non apportare innovazioni significative e drastiche, ma di
introdurle in maniera impercettibile partendo dalla lingua italiana che doveva
subentrare al castigliano in modo tale da farlo cadere in disuso.
Il re
Vittorio Amedeo II (1720-1730), appena preso possesso del Regno di Sardegna,
si occupò del sistema fortificatorio
della città di Cagliari concentrando la sua attenzione alle opere necessarie a
proteggere il quartiere di Castello dalla parte di Villanova e di San
Pancrazio. La progettazione e la direzione dei lavori furono affidati
all’ingegnere militare Felice De Vincenti che si occupò anche delle
fortificazioni di Alghero e progettò i lavori della nuova chiesa di N. S. di
Bonaria e il modello in legno che fu esposto per la prima volta a Cagliari nel
1722.
Ancora
oggi si può ammirare la fortificazione della cittadella di San Pancrazio con i
due bastioni del Beato Emanuele (incluso tra viale Buoncammino e via Belvedere)
e di San Filippo (incluso tra viale Buoncammino e via Anfiteatro)
Nella zona d'ingresso denominata S'Avanzada, nell'attuale via Ubaldo Badas, è presente un'iscrizione incastrata sulla muraglia che ricorda le opere di sistemazione delle fortificazioni, tale iscrizione si trovava nell'arco della porta detta d'Aprémont che ora non esiste più.
Il re
Carlo Emanuele III (1730-1773) nel primo periodo del suo regno, rimasto
coinvolto nelle guerre di successione polacca e austriaca, esplicò un’intensa
azione diplomatica e militare volta sia a rafforzare la posizione dello stato
sabaudo nel contesto europeo, sia ad ottenere ulteriori ingrandimenti
territoriali nella Pianura Padana.
I diversi viceré che si avvicendarono dal 1731
in poi, si trovarono alle prese con gli stessi problemi che avevano impegnato
senza grandi risultati i loro predecessori, come il banditismo e il
commercio isolano. Per quanto riguarda il primo problema, ebbe maggior rilievo
l’azione del viceré marchese di Rivarolo (1735-‘38), anche se la sua azione era
volta a curare più i sintomi che le cause dei mali che affliggevano l’Isola;
egli, infatti, concentrò i suoi sforzi sul problema dei malviventi senza
risalire alle ragioni del malessere sociale che si celavano dietro le attività
criminali, prima fra tutte il fatto che l’azione della legge non fosse in grado
di proteggere l’individuo contro le malefatte e le prepotenze mettendolo nella
necessità di tutelarsi da se medesimo e di vendicare i soprusi ricevuti.
Ricorse a vari mezzi per estirpare il banditismo come incorporare i delinquenti
minori nel reggimento di Sicilia e colpire
i favoreggiatori e i conniventi, ma fu una quiete raggiunta con la forza e non
poteva essere, di conseguenza, né consistente né duratura.
Durante questo viceregno si realizzarono diverse
opere all’interno della città di Cagliari, furono infatti ristrutturati gli
interni del palazzo regio ad opera dell’ingegnere militare Augusto De La Vallee
e, nel 1738, fu ultimata la costruzione della
caserma di San Carlo in via Santa Croce, sul progetto iniziale del De Vincenti
che prevedeva la realizzazione di una scuderia e di una caserma per reparti a
cavallo. Sotto la direzione del De La Vallee la struttura fu ampliata e
completata in modo tale da poter sistemare la truppa in maniera più organica.
Il
Rivarolo ebbe anche il merito di occuparsi concretamente del problema
riguardante il ripopolamento, ritenuto l’unico rimedio valido contro
l’arretratezza dell’economia isolana, le scarse attività agricole e le attività
criminali. Egli auspicava la fondazione di nuove ville e case per contenere
l’aumentata popolazione da attuarsi col sistema delle cessioni in feudo di zone
a chi si assumesse l’obbligo di ripopolarli ed allettando gli stranieri a stabilirsi
nell’Isola con concessioni d’immunità. In ottemperanza alle disposizioni di
Carlo Emanuele III, avviò nel 1736-’37, delle trattative con i rappresentanti
di una colonia ligure stanziata in Tabarca, un’isoletta della costa tunisina,
che versava in condizioni critiche a causa della popolazione in esubero e delle
persecuzioni dei corsari barbareschi. La scelta del luogo da ripopolare cadde
sull’isoletta di S. Pietro, che offriva buone possibilità per la pesca del
corallo e per la creazione di una salina. Nei primi mesi del 1738 la colonia,
denominata Carloforte in onore del re, contava più di settecento abitanti che
salirono ben presto a più di un migliaio, e prosperò a tal punto che, a
distanza di qualche decennio, altri tabarchini e liguri, imitati da alcune
famiglie piemontesi, s’insediarono nella vicina isola di S. Antioco, fondandovi
la comunità di Calasetta.
Nel
1750, sotto il viceregno del Valguernera, vi fu un’altra immissione di
tabarchini a Carloforte riscattati dai tunisini e fu tentato un secondo
tentativo di colonizzazione, quello di Montresta, una regione situata tra
Alghero e Bosa, con coloni greci provenienti da Majna, che però non sortì
gli effetti sperati per le diatribe religiose che si scatenarono.
Fabrizio e Giovanna
Bibliografia
Carlino Sole, Aspetti economici e politici del contrabbando fra la
Sardegna e la Corsica nel XVIII secolo, “Studi Sardi”, vol. XIV (1955-56)
G. Manno, Storia di Sardegna, vol. III
Dionigi Scano, Forma Kalaris
Sorgia G. (a cura
di), Cagliari : la suggestione delle epigrafi
[1] Inizialmente ebbe sede in una casa in via San Giuseppe, poi, nel 1831,
fu trasferito in piazza Indipendenza nel Collegio dei Nobili fondato nel XVII
secolo
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