Ecate è oggi riconosciuta come la dea delle arti magiche e
della stregoneria, Il suo nome significa colei
che colpisce da lontano.
Circe e Medea avevano appreso da Ecate la loro arte ed
erano iniziate ai suoi misteri.
Anche questa figura mitologica ebbe inizialmente
connotazioni positive in qualità di dea delle terre selvagge e del parto
(assimilabili quindi alla dea madre), in seguito, quando iniziò la
demonizzazione del femminile, divenne dea della stregoneria e il suo ruolo fu
relegato a quello di “Regina degli Spettri”, tale attributo fu trasmesso alla
cultura post-rinascimentale, dalla quale presero poi spunto gli inquisitori
durante la loro opera di “pulizia religiosa”.
Era rappresentata con tre teste e un solo corpo o con tre
corpi uniti per la schiena (trimorfa).
Per gli orfici era trimorfa non solo perché rappresentava
le fasi lunari, ma anche per l'assimilazione al culto delle grandi divinità
ctonie come Demetra, Persefone e Artemide.
Esistono due teorie circa la sua origine:
· Una ritiene che fosse
figlia di Zeus e della figlia di Eolo Ferea e che la sua rappresentazione
infernale derivasse dall'ira di Era che, immergendola nell'Acheronte con lo
scopo di purificarla, ne determinò la trasformazione in una divinità degli
inferi. In qualità di dea degli
inferi teneva per cento anni aldilà dello Stige le anime di coloro che erano
morti senza sepoltura.
·
Secondo la Teogonia di Esiodo era invece figlia dei Titani
Asteria e Perse:
E Asteria
incinse, e a vita diede Ècate, cui sopra tutti Giove Croníde onorò, le die'
fulgidissimi doni:
parte le
die' della terra, del mare che mai non si miete:
ed anche ella ha potere nel
cielo gremito di stelle,
e piú
d'ogni altra, onore fra i Numi immortali riscuote.
Ed anche
adesso, quando qualcuno degli uomini in terra fa sacrifizi, e placa, secondo le
usanze, i Celesti,
Ècate
invoca per nome. E onore accompagna un mortale, quando la Dea le sue preghiere
benevole intende;
e gli
concede prosperità: ché ben grande è sua possa.
Perché di
quanti nacquer da Terra e da Uràno, ed onori ebbero, questa Dea parte ha degli
onori d'ognuno;
perché
duro con lei non fu Giove, né nulla le tolse di quanto ella avea già fra i Numi
piú antichi, i Titani,
bensí
tutta la parte che allor possedeva, possiede.
Né meno
onor la Dea, perché figlia è unica, ottenne, non della terra parte minore, del
cielo e del mare,
ma anzi
assai di piú: ché molto l'onora il Croníde.
E sta
presso a chi vuole proteggere, e molto gli giova.
Nell'assemblea,
prevale fra gli uomini l'uom ch'ella brama: quando alla guerra, sterminio degli
uomini, s'arman le genti,
Ecate qui,
la Diva, si mostra, ed a quelli che vuole, volonterosa gloria concede, concede
vittoria:
dove
giustizia si parte, vicino ai re giusti ella siede: anche allorché negli agoni
contendono gli uomini, giova:
ché anche
presso a loro si reca la Diva e li assiste, e chi di gagliardia prevalse, di
forza, il bel premio
agevolmente
guadagna, ricopre i suoi figli di gloria.
Ai
cavalieri anche sa, quando vuole, recare assistenza.
E a chi
nel glauco mare travaglia, e tra l'ira dei flutti Ecate invoca, e l'Enosigèo
che profondo rimbomba,
la
celeberrima Dea, facilmente concede ogni preda, agevolmente, e, dopo scovata,
se vuole, la toglie.
Moltiplicare
il bestiame nei chiusi ella può con Ermète. Le mandre dei giovenchi, le greggi
gremite di capre,
le mandrïe
lanose di pecore, ov'essa lo voglia, da pochi a molti capi, da molti riduce a
ben pochi.
Così
costei, che fu di sua madre l'unica figlia, onor su tutti i Nomi che nacquer
piú antichi, riscote.
E
protettrice il Croníde dei pargoli tutti la fece che gli occhi dopo lei
dischiusero ai raggi del sole:
così da
prima fu tutrice onorata ai bambini1
Nella tradizione più antica era probabilmente una divinità
lunare della Tessaglia, più tardi confusa con l'aspetto invisibile di Artemide
corrispondente alla luna nuova per la sua identificazione con Selene. Come
Artemide non usciva mai dalle dimore sotterranee e vagava sulle montagne come
la luna, ma proprio per questo motivo in seguito divenne la dea degli spettri e
di ogni magia, le erano sacri i crocicchi e i trivi nelle strade (per cui
veniva chiamata anche Trivia) e la sua presenza era annunciata dai latrati dei
cani da battaglia.
Anche questo animale merita una breve riflessione perché
nel corso dei secoli subì interpretazioni ora positive, ora negative, in
relazione ai personaggi che affiancavano o che rappresentavano (si pensi
all'iconografia domenicana). Si riteneva che i cani fossero in grado di
salvaguardare gli uomini dai pericoli invisibili perché in grado di vedere gli
spiriti, in relazione al dio Anubi, che prese la forma di un grande cane simile
allo sciacallo, ebbero anche il ruolo di guidare le anime nell'aldilà, però
durante l'azione repressiva intrapresa dall'Inquisizione, i cani neri entrarono
a far parte del novero dei simboli demoniaci presenti nei diversi trattati di
demonologia perché considerati accompagnatori demoniaci delle streghe o dei maghi.
Fabrizio e Giovanna
NOTIZIE TRATTE DA:
Rosalba Mulas“Iconografia delle streghe dall’antichità
all’età moderna e stregoneria in Sardegna”
in Salvatore
Loi “Inquisizione,
magia e stregoneria in Sardegna”
H. Biedermann “Enciclopedia
dei simboli”
Esiodo “Teogonia”
le divinità femminili mi interessano tantissimo,ho notato che nel vostro blog se ne parla spesso. Complimenti.
RispondiEliminaRosanna.
Come avete sottolineato aveva a che fare con la Dea Madre nel suo aspetto trino e Ctonio, il "da lontano" osservato da una precisa prospettiva dice anche questo.
RispondiEliminaBel post.
Grazie per i complimenti.
RispondiElimina